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Giacomo De Marzi – I canti del fascismo – 2004

Giacomo De Marzi
Genova, Fratelli Frilli editori, pp. 445, euro 24,00

Anno di pubblicazione: 2004

In un momento in cui i saluti e gli inni fascisti ricompaiono pericolosamente nelle curve dei campi di calcio, lo studio di Giacomo De Marzi può essere accolto con favore come testimonianza di un ?recupero? del patrimonio canoro del Ventennio a fini storici. Già le ricerche di Emilio Gentile sulla centralità del simbolismo fascista e di Stefano Pivato sul valore del canto politico, hanno dimostrato come il culto della canzone sia uno dei tratti fondanti di quella liturgia laica orchestrata dalla ?religione? fascista. Su questo terreno si muove il libro di De Marzi, un utile e documentato repertorio che censisce canti, testi e bibliografia musicale del fascismo. Nelle intenzioni esplicite dell’autore c’è la volontà di seguire un ?duplice filone? che comprende sia il piano ?descrittivo? finalizzato a ?rappresentare l’aspetto etico-politico fascista?, sia quello ?analitico? teso a percorrere ?le evoluzioni canore, poetiche e letterarie del regime? (p. 9).
L’aspetto più originale del lavoro sta proprio nell’intersecare i due piani, con un’attenzione prioritaria alla ricostruzione minuziosa del testo e del canto fascista, ben più interessante delle interpretazioni storiche sull’ascesa ed evoluzione del fascismo sintetizzate invece in maniera troppo semplificatoria. Si scopre così che dietro La canzone dei sommergibili, vincitrice del premio al concorso nazionale dell’OND, si nascondeva un autore che si firmava Zorro, lo pseudonimo utilizzato da Guglielmo Giannini, futuro fondatore del movimento dell’Uomo Qualunque (p. 88). Più note le origini e le ragioni di composizione di Faccetta nera, l’inno che doveva celebrare il sogno di colonizzazione in terra d’Africa, poi censurato per evitare di esaltare ?l’eccessiva dimestichezza con le donne da colonizzare? (p. 104), ancor prima della promulgazione delle leggi razziali del ’38.
Importanti sono e sono sempre stati i canti in tempo di guerra. Anche il fascismo non si sottrae all’opportunità di affidare alla canzone dal fronte il ruolo di trasmissione di valori, incitamenti e senso di coesione e orgoglio dei soldati. Ma De Marzi individua pure una sorta di zona grigia rappresentata da un gruppo di canzoni che, concepite nell’ottica propagandistica, hanno come risultato di ottenere l’effetto contrario. Si tratta di Battaglioni M, La sagra di Giarabub, Caro papà e Ci vedremo in primavera: testi che, pur attingendo al patrimonio nazionalistico e bellico, finiscono per ?descrivere il contrario di quanto avrebbero voluto dimostrare ed illustrarono invece, con dilettantesco acquafortismo, l’oscurarsi graduale della coscienza di un popolo intero? (p. 143). Inni dunque che si dimostrano rivelatori di un’insoddisfazione più che di una partecipazione alle ?ragioni? della guerra.
Ci si diverte e si riflette scorrendo gli oltre 300 fra canti, inni, canzoni e marce recuperati da De Marzi, che riporta anche con precisione da musicologo i testi, le musiche, gli spartiti, le edizioni e le raccolte di dischi in uscita. Uno strumento indispensabile per capire come i canti fascisti siano stati politicamente funzionali a rafforzare il sentimento di adesione collettiva alla nuova fede incarnata dal duce.

Anna Tonelli