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Giancarlo Pellegrini – Per una storia del sindacalismo bianco e del popolarismo in Umbria – 2002

Giancarlo Pellegrini
Perugia, Morlacchi, pp. 237, euro 14,00

Anno di pubblicazione: 2002

Il volume ripresenta, senza sostanziali aggiornamenti, cinque contributi precedentemente apparsi in riviste e volumi collettanei nel corso degli anni Ottanta e Novanta. In un certo senso, l’iniziativa editoriale, che ricalca analoghe operazioni, dà visibilità alla ricerca intellettuale dell’autore, che, nel corso dei suoi studi, si è prevalentemente mosso a cavallo tra la storia del movimento sindacale e la ricostruzione delle vicende del mondo cattolico, con particolare attenzione al contesto umbro. Questi ambiti tematici, come suggerisce lo stesso titolo, costituiscono il filo conduttore che lega i singoli saggi compresi in questa raccolta. L’itinerario, scandito in progressione cronologica dall’età giolittiana all’avvento del fascismo, prende le mosse dall’ambiente di Gubbio, a cui sono dedicati i primi due capitoli incentrati sulla conflittualità nelle campagne circostanti e i primi timidi tentativi messi in campo dagli ambienti cattolici per organizzare strutture in grado di contrastare l’egemonia socialista. Nelle due successive messe a fuoco, l’indagine si allarga all’intera realtà regionale, che, nonostante un quadro economico-sociale più mosso, presenta tratti non molto dissimili dalla ?cittadella clericale? eugubina (p. 144): la tendenza dell’?alto clero? ad appiattire la ?questione sociale? su criteri morali, gli sforzi operati da alcuni preti ?illuminati? per non ?deporre le armi? di fronte alla modernizzazione, la limitazione del raggio d’azione del sindacalismo bianco al mondo rurale, le difficoltà a consolidare su basi stabili le leghe contadine, la problematica ricerca di un’autonoma elaborazione culturale.
Su queste risultanze storiografiche, il percorso approda all’ultimo tornante, in cui si confronta con la parabola del Partito popolare. Dopo aver evidenziato le novità del popolarismo rispetto alla precedente tradizione del mondo cattolico, Pellegrini ripercorre attentamente le vicende della classe dirigente locale legata a don Sturzo, di cui, a suo dire, seppe cogliere le aperture, senza peraltro riuscire a ?stabilizzarle? entro un quadro organizzativo sufficientemente robusto, che rivelò le smagliature più eclatanti ? a cominciare dai non sempre fluidi rapporti con l’autorità ecclesiastica, per finire alla ?non collaborazione? da parte del sindacalismo bianco (p. 193) ? in occasione delle tornate elettorali. A questo deficit, non fu estraneo il pedaggio pagato dal movimento cattolico umbro alla stroncatura del murrismo e alla repressione modernista, che finirono per frenare le ?posizioni novatrici? che ne avevano accompagnato il ?risveglio? agli inizi del secolo (p. 187).
Questa chiave interpretativa può essere idealmente assunta come la conclusione naturale dell’insieme dei saggi, che, pur soffermandosi diffusamente su alcune figure di laici assurti ad un ruolo di rilievo nazionale, come Luigi Stirati o Mario Cingolani, in definitiva riportano alla luce il tessuto ecclesiale di base, costellato da preti di ?periferia’ come Luigi Rughi, che faticosamente cercarono di aprire spazi di presenza inediti al mondo cattolico umbro sulla contrastata via della democratizzazione della nazione.

Paolo Trionfini