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Gianpaolo Valdevit – Trieste. Storia di una periferia insicura – 2004

Gianpaolo Valdevit
Milano, Bruno Mondadori, pp. 177, euro 12,00

Anno di pubblicazione: 2004

Il legame di Trieste con lo Stato, fonte o miraggio di sussistenza, servizi e risorse, ma soprattutto di sicurezza per una periferia costantemente ?insicura?. Stato liberatore, redentore, Stato oppressore e repressivo, carnefice o assente, auspicato e rifiutato. Sono i ruoli e le politiche, le immagini e le rappresentazioni degli Stati legati a Trieste tra Ottocento e Novecento che dominano questa nuova lettura della storia della città. Per questo lavoro di sintesi (che non può non fare i conti con Apih e Ara-Magris), Valdevit sceglie una lettura fortemente a tema, forzando nella parola ?Stato? anche aggregazioni non stabili o istituzionali ma tendenti a un controllo, a una sovranità, o nessi più ampi, anche come riferimenti nell’immaginario o nella fedeltà politica da parte di attori politici locali, come nel caso del periodo tra guerra mondiale e guerra fredda, quando nazismo e comunismo, più che Reich, Italia e Jugoslavia, finiscono per essere gli ?Stati? in questione.
Trieste ?città dei gruppi?, vera capitale degli sloveni e sede dell’irredentismo. Trieste patriottica per definizione (da Attilio Tamaro a Manlio Ceccovini) o città di frontiera e margine (Ara e Magris), indefinibile (Jan Morris) o cerniera (per ora mancata) nell’Europa che si allarga verso Est. Economicamente sbocciata come porto franco dell’Austria, una volta redenta è base del fascismo di frontiera ma anche sogno di un nuovo irredentismo (sloveno e jugoslavo) che, pur partendo da basi fortemente clericali, si affida col tempo al socialismo e al comunismo (l’antistato), con il socialismo italiano spiazzato, in quanto sotto gli Asburgo, invece di ?integrare nella nazione?, era rimasto a integrare nello Stato. Percorso inverso agli sloveni seguirà l’opinione pubblica nazionale italiana, nell’Austria sostenitrice dei liberalnazionali (anticlericali) e nell’Italia repubblicana molto legata alla Democrazia Cristiana (grazie agli esuli, al contributo del vescovo Santin e al fatto che in De Gasperi viene visto ?prima di tutto lo Stato nazionale?).
Con il maggio del ’45 siamo all’inversione dei ruoli e al ?rovesciamento delle gerarchie sociali e dell’ordine politico?. Sembra che, come nel caso dell’Istria del ’43, l’occupazione jugoslava non sia fonte di ?ordine? (ristabilito infatti da alleati o tedeschi), anche si tratti di una ?pulizia?. Che pulizia è? È ?pulizia politica? contro i possibili antagonisti, compresi l’antifascismo non comunista e gli sloveni non comunisti, ma è anche ?liberazione nazionale? contro la comunità italiana, identificata con lo Stato, presentato per anni nel binomio Italia e fascismo.
Sotto il governo militare alleato (e qui forse Valdevit avrebbe potuto approfondire la realtà e il mito di una Trieste contraria all’annessione all’Italia) Trieste è individuata come unico luogo dove l’Italia paga le colpe dell’Italia imperialista, per poi essere in costante e insoddisfatta attesa di un risarcimento dall’Italia della Prima Repubblica, anche anticipando la ribellione contro il sistema dei partiti (mentre, sostiene Valdevit, il fascismo era riuscito a interpretare il bisogno di risarcimento proveniente dalla società italiana di Trieste).

Vanni D’Alessio