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Giorgio Barberis – Louis de Bonald. Potere e ordine tra sovversione e Provvidenza – 2007

Giorgio Barberis
Brescia, Morcelliana, 324 pp., Euro 22,00

Anno di pubblicazione: 2007

Un’Introduzione per discutere la letteratura sul personaggio e quattro capitoli dedicati alle opere maggiori costituiscono la struttura di questo saggio che non apparterrebbe, a dire il vero, al genere della storia contemporanea, e si colloca in modo originale anche rispetto ai classici della storia del pensiero e delle dottrine politiche. La sua natura ambigua, in realtà, è anche un suo punto di forza. Competente e informato, contrappuntato da non pochi richiami ad aspetti della ricerca filosofica novecentesca, il volume si pone come obiettivo quello di presentare in modo completo il pensiero di Bonald: un proposito certamente soddisfatto. Non altrettanto felice è la scelta narrativa, organizzata sulle singole opere e appesantita dalla ripetizione di uno stesso modulo espositivo: quello di dare conto in modo puntuale del loro contenuto. È chiaro che nel caso di un pensatore di «difficile digestione» come Bonald, questo schema risulta doppiamente noioso: cosa di cui non ci si può che rammaricare, perché sul pensiero bonaldiano si hanno a disposizione poche opere introduttive e il saggio di Barberis, ciò va riconosciuto, ha il pregio di esplorarne molte parti in profondità e di prestare attenzione ad alcuni aspetti ancor oggi non molto studiati (cfr., tra gli altri, il Bonald «antropologo» come emerge a p. 55 e ss.).Il fatto che le notizie biografiche su Bonald si contino in poco più di tre pagine (per altro senza continuità), mentre i Villèle, i Decazes, i Richelieu, ossia i protagonisti della vita politica al tempo della Restaurazione, non siano mai evocati, pone però un problema: ossia se un saggio centrato su un personaggio che ricoprì anche funzioni pubbliche di un certo rilievo (fu deputato e pari di Francia, académicien e censore) possa prescindere dall’esame del contesto politico di riferimento. Il lavoro in questione sembrerebbe propendere per un sì, e mostra di prediligere più di ogni altro il piano dell’analisi filosofico-politica. Tuttavia, se il senso della collana editoriale in cui si colloca è quello di presentare il ritratto di «una grande figura intellettuale», sarebbe forse stato meglio dedicare più spazio al quadro, mosso e composito, della cultura politica del suo presente.Apprezzabile sotto il profilo del contenuto (perché solido e rigoroso quanto il suo oggetto di studio), ma fragile (come ho già detto) sotto quello dell’impianto narrativo, oltre che per piccoli aspetti della cura editoriale (molte frasi lasciate in francese, nonostante il criterio adottato sia quello di tradurre in italiano), è questo un lavoro che avrebbe necessitato di ulteriore messa a punto e, perché no, di un’iniezione di coraggio: per lasciare scorrere più liberamente una penna per altro capace di cogliere le molte aporie ma anche gli apporti più innovativi di uno dei maggiori critici della modernità.

Cristina Cassina