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Giorgio Bertellini – Italy in Early American Cinema. Race, Landscape and the Picturesque – 2009

Giorgio Bertellini
Bloomington, Indiana University Press, 464 pp., $ 24,95

Anno di pubblicazione: 2009

In questo libro, Giorgio Bertellini descrive la storia del concettto di «pittoresco», una categoria estetica ed antropologica che attraverso vari secoli e continenti ha influenzato la rappresentazione dell’Italia meridionale e degli italiani. Nel corso del ‘600, il «pittoresco» viene articolato da artisti per lo più nord-europei che lo associano spesso a vedute della Sicilia e del Napoletano. Popolati da vulcani, rovine, e una natura possente e incontrollata, tali paesaggi contengono anche valutazioni morali e antropologiche. Nel contesto intellettuale settencentesco dominato da Montesquieu, clima e natura influenzano il carattere e il «pittoresco» diventa cifra non solo del paesaggio ma anche della «razza» meridionale posseduta da passioni vulcaniche e disordinate.Nell’800, la categoria del «pittoresco» struttura la fotografia, la pittura, e le prime guide turistiche del Meridione, e l’antropologia di Cesare Lombroso dà al concetto una legittimità scientifica. Il «pittoresco» passerà l’Atlantico dove i pittori della Hudson School lo adoperano per figurare indiani e paesaggi americani. Da qui va ad influenzare il primo cinema western americano e le immagini del Sud nei film che D.W. Griffith dedica alla Guerra civile.In America il «passo a due» tra categorie estetiche e antropologiche continua. Nato per narrare in immagini il sud d’Italia, il «pittoresco» diviene il modo per rappresentare gli immigrati italiani che arrivano a New York. Bertellini passa al setaccio, tra l’altro, le fotografie di Jacob Riis, la prosa di William Dean Howells, i travelogues di I. Burton Holmes e il cinema dell’attore irlandese-dalmata George Beban – il maggiore interprete di personaggi «italiani» nel cinema muto americano.Categoria malleabile, il «pittoresco» conferma gli stereotipi «razziali» che gli antropologi del tempo affibbiano agli immigrati italiani ma ne mette anche in luce le possibilità di redenzione morale e integrazione sociale. Proprio queste aperture rendono il «pittoresco» inaccessibile alle persone di colore. E anche per questo, sono gli stessi immigrati italiani che possono appropriarsi del «pittoresco» per farne la cifra dell’intera identità italo-americana. Le vedute settecentesche del Vesuvio di Pierre-Jacques Volaire vengono così riproposte negli affreschi dei ristoranti delle Little Italy.È difficile rendere qui tutta la ricchezza del ragionamento di Bertellini. Il modo migliore per definire il libro è che in esso divengono soggetti storici sia i film che i loro spettatori. 120 pagine di note e bibliografia testimoniano la capacità dell’a. di costruire un ponte tra film studies, storia dell’arte, storia americana, storia italiana e storia dell’immigrazione. Docente di Storia del cinema e Letteratura, Bertellini mostra come i film studies possano arricchirsi da un rapporto con una metodologia storica che non si appiattisce nel culto dell’archivio. Dopo Bertellini, guardare la storia degli immigrati italiani senza capire il ruolo del cinema – americano e italiano – nel contesto culturale e sociale dell’immigrazione diverrà problematico.

Saverio Giovacchini