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Giorgio Rochat – Le guerre italiane 1935-1943. Dall’Impero d’Etiopia alla disfatta – 2005

Giorgio Rochat
Torino, Einaudi, pp. XVIII-460, euro 28,00

Anno di pubblicazione: 2005

Rochat ha dedicato la sua vita di studioso alla storia militare dell’Italia a partire dall’unificazione nazionale. Lo ha sempre fatto con uno sguardo che collocava le forze armate e le guerre nel generale quadro politico del paese. È pertanto da apprezzare la sua idea di concentrare il succo di molte delle sue ricerche in un volume d’insieme sulle guerre del periodo fascista (Etiopia, Spagna, 1940-43). La scelta nel titolo di guerre ?italiane? piuttosto che ?fasciste? è motivata dalla chiara enunciazione della linea di fondo del volume, il rapporto cioè fra il regime e la guerra, che è un rapporto che coinvolse e travolse tutti gli italiani, e alla fine rivelò il distacco fra velleità imperiali e capacità di attuarle. L’autore evita tuttavia di addentrarsi in terreni già sufficientemente arati, come la preparazione diplomatica delle guerre e poi dell’armistizio del 1943. Sobria è anche la descrizione delle campagne di guerra, anche se l’autore non rinuncia a rettificare giudizi che gli appaiono tanto diffusi quanto inesatti. È il caso ad esempio della battaglia di El Alamein, che egli si rifiuta, a dire il vero in maniera troppo drastica, di considerare uno dei tre grandi eventi che, accanto a Stalingrado e allo sbarco anglo-americano in Marocco e in Algeria, segnarono la svolta della guerra. E l’autore, alpino egli stesso, non esita a scrivere che il mito degli alpini ha coperto l’inefficienza e il fallimento in Russia dei loro comandi.
Il nucleo principale del volume è costituito dalla ricostruzione dell’ordinamento militare sotto il fascismo. L’autore dà come dato di fatto che le alte gerarchie militari non potessero sottrarsi agli ordini del dittatore che aveva accentrato in sé, in pace e in guerra, tutto il potere decisionale. Sembra talvolta che egli propenda a considerare questa situazione come un’attenuante, quando invece potrebbe benissimo essere considerata un’aggravante. Gli alti quadri delle forze armate avevano accettato il regime divenendone un elemento portante; e le loro resistenze di natura corporativa stavano tutte all’interno dei legami che essi stessi si erano dati.
Grande spazio è dato nel volume, che segue un andamento insieme cronologico e tematico, ad aspetti spesso trascurati nelle storie generali. Elenco alla rinfusa: il pessimo funzionamento della catena di comando; la non sempre comprensibile oscillazione fra richiami alle armi e invii in congedo (essendosi esclusa la mobilitazione generale); la produzione, la qualità e la quantità delle armi; l’inadeguatezza delle divise e delle scarpe, così in Africa come in Russia; il rancio scadente per i soldati e buono nelle mense riservate a sottufficiali e ufficiali, residuo feudale esistente solo nel regio esercito italiano (in Africa gli italiani si stupivano nel vedere Rommel mangiare come la truppa). Le motivazioni dei combattenti, scrive l’autore, erano varie, ma quasi inesistenti quelle di natura propriamente fascista. Mancava infatti una base etico-politica che spingesse a realizzare gli obiettivi bellici del fascismo. Tuttavia ?il basso morale delle truppe non ne intaccò mai l’obbedienza? (p. 331). Completano il volume due utili appendici: sulle perdite della guerra 1940-43, e sulle diverse prigionie dei militari italiani.

Claudio Pavone