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Giorgio Tosato – Volontari alpini di Feltre e Cadore nella Grande guerra – 2005

Giorgio Tosato
Feltre, Agorà, pp. 482, euro 25,00

Anno di pubblicazione: 2005

Come il volume di Fabio Todero, recensito in questo annale, il contributo di Giorgio Tosato alla storia del volontariato durante la Grande guerra apre la strada a studi in un settore che vede la storiografia italiana in grande ritardo. Nonostante una deliberata politica ostile alle varie formazioni (battaglioni studenteschi; battaglione ciclisti; compagnie alpine) nate e sviluppatesi sulla base di idealità di stampo risorgimentale durante i primi anni del ‘900, l’esercito non riuscì a sciogliere e disperdere del tutto i corpi volontari. I poco più 8.000 volontari che presero parte alla guerra furono normalmente costretti a militare in reparti regolari di coscritti, finendo per condurre una vita da emarginati, mal visti da sottoposti e superiori in quanto politicamente inaffidabili (se interventisti democratici) o considerati alla stregua di pazzi (se nazionalisti). Un consistente numero di volontari finì per militare invece nella brigata Alpi, impiegata nell’Agordino e poche altre centinaia combatterono radunati in reparti minori. Il libro di Tosato è la storia di trecento volontari alpini, impiegati nella compagnia autonoma Volontari alpini Feltre e nella gemella compagnia del Cadore. Lavoro focalizzato soprattutto sulla cronaca delle battaglie e degli ordinamenti dei due reparti, con scrupolosa attenzione al dato biografico di volontari e ufficiali, il volume è una solida ricostruzione impostata secondo i più tradizionali canoni della vecchia storia militare. Senza alcuna pretesa di indagare sugli aspetti concernenti la mentalità, il background culturale e le forme sociali dei volontari, né, peraltro, il complesso universo di simboli e riti che li circondavano e che, soprattutto, ne creò il mito nel dopoguerra, l’autore fornisce una pregevole e utile opera prosopografica. Ne scaturisce un ritratto prezioso per chi dovrà cimentarsi con queste ricerche, approfondendo in primo luogo l’ostilità manifestata degli alti comandi nei confronti delle formazioni volontarie, capitolo finale della cronica diffidenza nei confronti di tutto ciò che richiamasse il famigerato, polisemico ma pur sempre sospettosamente democratico, mito della ?nazione in armi?. Vale la pena di sottolineare come l’utilizzo dei diari dei volontari concorra a creare un ritratto preciso di questo atipico combattente. Appaiono in rilievo i connotati dell’ideale patriottico, combinato a un senso determinato dell’eroismo guerriero come prima caratteristica del soldato di montagna, e dunque guerriero (e prototipo virile) per eccellenza. ?Son certo che riuscirete senza perdite? dirà, prima dell’attacco a una posizione assai difficile, il comandante ?ma, se sarà necessario morire, morirete bene. Essere alpino, ricordatelo, vuol dire essere due volte soldato, due volte uomo?. Elementi di un codice retorico che appartengono, in primo luogo all’immaginario marziale della cultura occidentale e, in modo ancora più determinato, al canone dell’eroismo alpino. Ma che nella figura del volontario compaiono come regola, dimostrando efficacemente, se ancora ce ne fosse bisogno, la debolezza di alcuni ritratti monolitici sulla scomparsa dell’?amore per la guerra? nella contemporaneità.

Marco Mondini