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Giovanni Codevilla – Lo zar e il patriarca. I rapporti tra trono e altare in Russia dalle origini ai giorni nostri, – 2008

Giovanni Codevilla
Milano, La Casa di Matriona, 517 pp., euro 25,00

Anno di pubblicazione: 2008

Nonostante il titolo del volume, la disamina delle relazioni tra lo zar e il patriarca nella Russia imperiale impegna soltanto le prime due parti del libro, dedicate rispettivamente alla Chiesa russa dalle origini al XVIIsecolo e al periodo sinodale (secc. XVIII-XX). Il nucleo centrale è, invece, costituito dall’era sovietica, mentre l’ultima parte riguarda la Federazione russa, in particolare la questione della libertà religiosa nello Stato sorto dalle ceneri dell’Urss. L’a. – che fin dagli anni ’70 ha approfondito il tema dei rapporti tra Stato e Chiesa dapprima in Unione Sovietica e poi nella nuova Russia – ripropone qui le argomentazioni dei suoi studi precedenti. Ne risulta una sorta di compendio della storia della Chiesa russa, vista dall’angolatura della legislazione sulle religioni e dei provvedimenti adottati dal potere civile nei confronti di quello religioso (del resto l’a. non è uno storico, ma un esperto di diritto ecclesiastico).La tesi centrale del libro è che, dopo una lunga fase di subordinazione della Chiesa ortodossa allo Stato russo, inaugurata da Pietro Icon la soppressione del Patriarcato e proseguita dalle autorità sovietiche – prima con le persecuzioni e poi tramite la marginalizzazione di Chiesa e credenti – si assista oggi al tentativo di instaurare una nuova «sinfonia dei poteri». Secondo tale modello, «Stato e Chiesa non sono due istituzioni distinte, bensì due aspetti della stessa nozione, una e indivisibile, di Impero cristiano […], due aspetti che nel pensiero politico e teologico dei bizantini erano inseparabili» (p. 25, citando Costantinos Pitsakis). L’idea di separazione tra il potere civile e quello religioso era estranea alla concezione dello Stato ortodosso su cui era improntato l’Impero zarista, che si richiamava all’eredità bizantina della sinfonia tra Stato e Chiesa.L’aspirazione al ritorno al regime di «sinfonia» sarebbe oggi suscitata da una convergenza di interessi tra la gerarchia ecclesiastica e gli attuali dirigenti del Cremlino. Da una parte, la Chiesa ortodossa «torna a essere libera e rivendica l’antico ruolo»; dall’altra, la dirigenza russa «intende tornare alle origini del sistema sinfonico e rinnovare con il Patriarcato di Mosca quel contratto di prestazioni corrispettive che è tipico del giurisdizionalismo: da un lato la legittimazione della sovranità dello Stato e dall’altro la concessione di una posizione privilegiata alla Chiesa» (p. 446). Nei Fondamenti della concezione sociale della Chiesa ortodossa russa, approvati dal Concilio giubilare del Duemila, i vescovi russi, riallacciandosi alla tradizione della «sinfonia», hanno riaffermato che l’idea di separazione tra Chiesa e Stato è del tutto innaturale. Tale posizione spiega anche perché il concetto di laicità, nell’accezione che esso ha in Occidente, non trovi spazio nella mentalità ortodossa. Lo stesso vale per il concetto di libertà di coscienza, che gli stessi Fondamenti contestano, in quanto la sua comparsa sarebbe «testimonianza di come, nel mondo contemporaneo, la religione da “fatto pubblico” si trasformi in “fatto privato” dell’individuo» (p. 436).

Simona Merlo