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Giovanni De Luna – Le ragioni di un decennio. 1969-1979. Militanza, violenza, sconfitta, memoria – 2009

Giovanni De Luna
Milano, Feltrinelli, 253 pp., Euro 17,00

Anno di pubblicazione: 2009

Il libro si apre nel segno della violenza, con due funerali: di Tonino Micciché, operaio militante di Lotta continua (Lc) ucciso nel 1975 da una guardia giurata durante un’occupazione nel quartiere torinese della Falchera; e di Francesco Lorusso, ucciso da un carabiniere a Bologna nel 1977. Segue poi quella che l’a. chiama una «cronologia della morte che attraversa tutti ?gli anni ’68″» (p. 20), un lungo elenco di nomi di militanti politici di sinistra, né componenti di organizzazioni armate, né membri delle forze dell’ordine, solo attivi nel variegato arcipelago della sinistra, parlamentare ed extraparlamentare. Sono nomi sui quali, secondo l’a., è scivolato un vuoto della memoria, tanto più assordante in quanto è invece cresciuta una memoria pubblica, concentrata sulle vittime della violenza di sinistra e su quelle della violenza stragista.De Luna propone una riflessione critica su questo decennio, per demolire la sua riduzione a stagione della violenza e recuperare le ragioni della militanza, tra gli «anni ’68» e l’approdo al riflusso degli anni ’80. Si propone così di unire «lo sguardo del testimone e il senno di poi dello storico» (p. 8), componendo la personale militanza in Lc a Torino e la sensibilità di storico verso i temi della violenza, del lutto e della memoria, facendo parlare fonti diverse, dagli archivi di militanti a documenti personali, dai giornali alle canzoni e al cinema.La riflessione di De Luna ha pagine ricche e stimolanti, ad esempio, sulla dimensione problematica della memoria e sulla sua sovrabbondante presenza anche nella storiografia che si è dedicata a questo periodo, ma per alcuni versi finisce per ricadere in quella stessa prospettiva di cui si fa acuto critico. A partire dal sé, scelto per guardare a questo decennio, le cui ragioni del titolo del libro sono quelle di una sua parte, Lc, e, al suo interno, della componente torinese. Soggetti certamente forti, il movimento e la città, capaci di dire molto della militanza e dei suoi motivi, ma connotati e parziali e non certo in grado di esaurire la varietà di percorsi che mossero alla politica attiva. Così, la pluralità e la ricchezza di esperienze che l’a. giustamente richiama come parte costitutiva di questa fase della storia italiana (e della sinistra stessa) finisce per essere paradossalmente trascurata anche dalla riflessione proposta da De Luna, che sembra muoversi all’interno di un racconto di quella stagione ormai usitato benché da discutere, riproponendone alcuni punti nodali: la periodizzazione (Piazza Fontana, terminus ab quo della violenza successiva), la riduzione al piano dell’immaginario della violenza prima dell’esplosione terroristica, con l’esito di riproporre una genealogia della violenza politica in sostanza aliena alle pratiche e alle ideologie che mossero la militanza. Al di là delle intenzioni, traspare cioè l’idea che l’esperienza di un sé – individuale e collettivo – resti la chiave primaria dell’approccio a questa stagione, ripresentando una dimensione autoreferenziale legata al dato generazionale che finisce per riproporre narrative consuete, anche laddove cerca la loro critica, senza scalfire quegli interrogativi del tutto condivisibili dai quali prende le mosse.

Emmanuel Betta