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Giovanni Matteoli (a cura di) – Giorgio Amendola comunista riformista – 2001

Giovanni Matteoli (a cura di)
Presentazione di Emanuele Macaluso, Soveria Mannelli (Cz), Rubbettino, pp. 188,

Anno di pubblicazione: 2001

La figura di Giorgio Amendola ed il senso del suo apporto all’esperienza storica del comunismo italiano nel mezzo secolo compreso tra la ?scelta di vita? del 1929, l’anno dell’adesione al Pci, e la morte (1980) si prestano a valutazioni diverse, a seconda che l’accento venga posto sugli sforzi che egli profuse a più riprese per suscitare innovazioni nel Pci o sull’attaccamento all’identità comunista, sulla sua rivendicazione del diritto alla critica in seno al partito o sulla concezione sacrale dell’unità e della funzione del partito stesso alla quale sempre s’ispirò, sulle sue aperture precoci alla socialdemocrazia e all’europeismo o sul riferimento all’Urss rimasto costante nel tempo, sul legame ideale e personale ch’egli serbò con il mondo della democrazia laica e liberale in cui si era formato o sul leninismo che vi aveva poi sovrapposto. Gli scritti raccolti nel volume curato da Matteoli, originariamente contributi presentati a una giornata di studio indetta dalla rivista ?Le ragioni del socialismo? nel ventesimo anniversario della morte di Amendola, riflettono puntualmente quei diversi aspetti e delineano due possibili modi di porsi dinanzi a tale complessità: o un procedimento selettivo, inteso a valorizzare intuizioni ed anticipazioni, applicando ad Amendola il criterio del ?ciò che è vivo e ciò che è morto?, o uno sforzo di sintesi, per assegnare ad ogni fattore il suo posto e ricostruire i nessi interni di una personalità sì multiforme, ma né oscillante né contraddittoria, anzi con una sua particolare coerenza.
Nel volume si mescolano voci di politici e di storici, con una preponderanza dei primi, tra i quali prevalgono quelli inclini a cogliere ammaestramenti, premonizioni, agganci, per gettare un ponte tra l’opera di Amendola e gli indirizzi successivi della sinistra ex comunista: ne dà testimonianza il titolo stesso del libro, che intende richiamare l’attenzione sul ?riformismo? quale elemento precipuo del lascito politico di Amendola e fattore di distinzione rispetto alla tradizione comunista. Altro è però il compito della critica storica: non per disconoscere l’originalità di Amendola o per rovesciare tout court lo schema dell’Amendola precursore, ma perché il problema è proprio superare la contrapposizione, ispirata a valutazioni politiche, tra luci ed ombre (qui tipicamente raffigurata dal contrasto tra l’Amendola aperto al futuro presentato da Umberto Ranieri e l’Amendola legato al passato di cui discorre Claudio Petruccioli), e pervenire ad un’interpretazione unitaria. Nel libro le ragioni della storia sono rappresentate da Luciano Cafagna e Massimo Salvadori: l’uno indica nell’invocazione della funzione nazionale e di governo del Pci l’additivo che Amendola versa nel disegno di Togliatti ed ipotizza una funzione strumentale del suo filosovietismo come argine al massimalismo e rassicurazione nei confronti del popolo comunista; l’altro coglie nell’aspirazione all’?ordine? il filo rosso e il cemento interno dell’esperienza politica amendoliana.

Leonardo Rapone