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Giovanni Murru – Fascismo, autarchia e propaganda rurale in Sardegna – 2006

Giovanni Murru
Oristano, Editrice S’Alvure, Introduzione di Lorenzo Del Piano, 191 pp., euro 18

Anno di pubblicazione: 2006

L’impatto delle bonificazioni contemporanee sul territorio e sulla struttura sociale dell’agricoltura italiana, nei contesti regionali e sub regionali è tema ancora largamente inesplorato nella storiografia, e questo anche se la valutazione dei risultati degli interventi di bonifica e di riassetto territoriale, e degli effetti in termini di consenso e di cambiamento della struttura sociale medesima, trova la sua misura proprio in relazione a questi contesti, ciascuno, come noto, con una propria specificità. Basando la propria ricerca soprattutto su un largo utilizzo dei periodici diffusi da organizzazioni sindacali, camere di commercio, cattedre ambulanti in epoca fascista Murru ricostruisce aspetti dell’agricoltura sarda con una particolare attenzione all’aspetto propagandistico del regime. Nel primo capitolo passa in rassegna la letteratura sullo sviluppo dell’istruzione agraria in Italia e sulla formazione di un ceto di tecnici agrari, evidenziando come esso fosse stato mirato tanto allo sviluppo economico quanto al controllo sociale dell’agricoltura medesima. In Sardegna, come si evidenzia nel secondo capitolo, il processo di urbanizzazione che caratterizza il ‘900 modifica uno schema di insediamento della popolazione che risaliva, nella sua stabilità, al Medioevo, e viene affrontato dal fascismo con politiche che riflettono anch’esse la contraddizione intrinseca nella politica del regime che da una parte intenderebbe «ruralizzare l’Italia » e dall’altra introduce con le bonifiche, laddove esse raggiungono risultati, un’agricoltura ad alto investimento di capitale. Così le «città nuove», che con Mussolinia, Fertilia e Carbonia avranno una versione isolana, sono definite dall’autore come «vettori simbolici, ecologici e teatrali di quella sorta di ossimoro (urbanesimo rurale)» veicolato dalla propaganda e come insediamenti che «si conformano […] sul palinsesto geografico e abitativo diventando, tra neo, ismi e decò, l’involucro e il laboratorio talora municipalizzato delle bonificande campagne ovvero la sintesi delle implicazioni industriali connesse a borgate operaie preesistenti» (p. 34). Nel terzo capitolo l’analisi, dopo aver preso in esame i temi della politica nazionale nel campo della costruzione della cultura del corporativismo e delle sue istituzioni, si focalizza sui risultati, per la verità non particolarmente brillanti, dell’insediamento, a Fertilia, di rurali provenienti dal Ferrarese. Nel quarto, sulla base di un contributo già pubblicato, si tracciano le sorti del Consorzio provinciale tra produttori agricoli di Sassari, «uno dei primi istituti consortili corporativi» (p. 117) in Italia, creato con l’intento di «dare unità sostanziale a tutto il movimento agricolo» (p. 118). Il quinto capitolo analizza invece le forme organizzative dell’indirizzo autarchico, in quello che viene definito «un lungo e mesto autunno del regime» (p. 171). Il testo, che avrebbe guadagnato da sintetiche conclusioni, si caratterizza per la capacità di rendere con dovizia di documenti e minuzia di dettagli le tematiche circolanti nel mondo organizzato dell’agricoltura sarda in epoca fascista; e in particolare le sue istanze produttive, rimaste peraltro largamente frustrate.

Mauro Stampacchia