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Giulia Albanese – Alle origini del fascismo. La violenza politica a Venezia 1919-1922 – 2001

Giulia Albanese
Presentazione di Mario Isnenghi, Padova, Il Poligrafo, pp. 256, ill., euro 20,65

Anno di pubblicazione: 2001

Nata da una tesi di laurea presso l’Università di Venezia, questa opera aggiunge un importante tassello alla ancora lacunosa geografia politica del primo fascismo italiano. Importante non solo perché ?è storia di Venezia, rialzata comunque dalla scena?, come sottolinea nella Presentazione Mario Isnenghi, ma anche perché la storia locale in questo caso tiene presente ed aperto il quadro nazionale ed anche d’oltre frontiera di riferimento. Dopo che Marco Palla sottolineò alcuni anni fa l’importanza di giungere ad una mappatura del primo fascismo, sono apparsi alcuni importanti saggi che continuano però a rimandare ai più compiuti studi apparsi negli anni settanta-ottanta ad opera principalmente di una scuola anglosassone attenta al fascismo agrario (Corner, Cardoza, Snowden). Benvenuta è quindi questa ricerca di Albanese che affronta il primo fascismo in ambito urbano, in una città complessa anche topograficamente come Venezia ed immersa in una ?venezianità? che altro non è che una declinazione dell’imperialismo adriatico che vede nelle vicine Trieste e Fiume i momenti di maggiore furore nazionalista e irredentista.
L’attenzione dell’autore va sostanzialmente, come cita il titolo, alle forme di violenza politica nella città lagunare, ai fronti e alle modalità dello scontro tra destre e sinistre, descritte attraverso avvenimenti e quartieri, nel dare un volto alle folle e soprattutto, lungo la linea di una sensibilità che è venuta maturando anche in Italia (grazie proprio a ricercatori veneziani come Bruna Bianchi e Marco Fincardi), alla appartenenza generazionale dei contendenti: una violenza giovanile prodotta soprattutto dal protagonismo di coloro che per età avevano vissuto la guerra solo tardivamente, o affatto, guidati da leaders non molto più vecchi di loro, tra i quali spicca l’avvocato Piero Marsich, classe 1891. La ricerca ha il merito di avere mostrato la precocità, rispetto ad altre aree del paese, del fascismo veneziano (non dissimile quindi da quello triestino maggiormente studiato); la sua specificità, per i continui travasi tra file politiche; nonché l’andamento della violenza politica veneziana. Essa diminuisce alla fine dell’estate 1920, quando le destre veneziane portano al governo della città colui che fu considerato il primo sindaco fascista d’Italia, Davide Giordano, e contribuiscono a sviluppare i fasci nell’agro veneto, per poi riprendere nella lunga estate 1921, durante la quale gli spazi degli scontri sono ancora contesi non solo tra destre e sinistre, ma anche all’interno delle destre, tra fascisti e Cavalieri della morte. E fu proprio la scelta moderata condotta dalla classe dirigente locale che la portò ad affidarsi al Pnf, e a mettere al bando nell’estate 1922 i più violenti Cavalieri, lasciando però intatte due anime del fascismo locale, con un Marsich in posizione dissidente; anime che probabilmente sarebbero riemerse negli ultimi anni del ventennio. Questo però è tema, che con i validi presupposti di Albanese, è da affidare ad una nuova ricerca.

Patrizia Dogliani