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Giulia Di Bello e Vanna Nuti – Soli per il mondo. Bambine e bambini emigranti tra Otto e Novecento – 2001

Giulia Di Bello e Vanna Nuti
Milano, Unicopli, pp. 300, euro 18,08

Anno di pubblicazione: 2001

La ricerca delle due autrici ? apparsa nella collana ?Storia sociale dell’educazione? ? si avvale di un ampio ventaglio di fonti ? dibattiti e inchieste parlamentari, prima tra tutte quella conclusa nel 1873 dal deputato ex garibaldino Giuseppe Guerzoni, bollettini consolari, archivi di brefotrofi toscani, testi letterari ?, utilizzate con accuratezza e senza indulgere in una fin troppo facile retorica.
Nel complesso, l’emigrazione infantile riproduce quella adulta, con l’aggravante dell’assoluta incapacità di autodifesa. Ritroviamo in questa popolazione nomade e stracciona, cronicamente malsana e non di rado votata a morte precoce, l’intera gamma dei mestieri praticati dagli italiani all’estero, suonatori ambulanti, operai sfruttati fino allo spasimo ? come ebbe a rivelare lo scandalo dei bambini ingaggiati nelle vetrerie francesi ?, lavoratori agricoli. Maschi e femmine dall’infanzia negata. Lo Stato italiano si limita a vietare gli abusi più lesivi dell’immagine nazionale, ma la libertà pressoché indiscriminata garantita all’emigrazione e la riluttanza alla regolamentazione sistematica del lavoro minorile, sottolineata dalle autrici, impediscono, o rendono assai aleatoria, qualsiasi tutela.
Anziché i loschi individui dediti a questo commercio, sotto accusa finiscono più spesso i genitori. Col miraggio di una vita migliore o al semplice scopo di sbarazzarsi di una bocca da sfamare, contrattano la cessione a tempo, per poche lire, di figli per lo più destinati a perdersi in paesi lontani e a non dare più notizie di sé. Non tocca sorte migliore a chi parte al seguito della famiglia e ne deve condividere il lavoro a domicilio, tutti stipati in stanze senza finestre, con cui si sopravvive nelle grandi metropoli americane.
Il quadro è dunque, nell’insieme, avvilente, e denso di umori dickensiani. Ci scorre sotto gli occhi uno squarcio di quella ?questione sociale? che mobilitò la coscienza civile dei contemporanei. E tuttavia, la problematica soggiacente traspare, forse, un po’ più complessa, e però appena sfiorata dalle autrici, le quali scrivono, ma solo a pagina 212: ?Corre una grande distanza tra l’idea d’infanzia di questi autori ? deputati, magistrati, giornalisti, studiosi, scrittori, cioè esponenti dei ceti dirigenti del paese ? e l’idea di infanzia, il sistema dei valori, i modi di vivere, i sentimenti familiari dei ceti popolari?. Le 992 interviste raccolte ai primi del Novecento dal magistrato Lino Ferriani nelle grandi capitali europee e americane rivelano come i bambini, pieni di rancore per le sofferenze che gli si infliggono, non facciano alcuna distinzione tra i comportamenti altrettanto spietati dei loro padroni e dei loro stessi genitori.
La ?questione sociale? acquista perciò un diverso spessore che dovrebbe lasciare ai contemporanei l’indignazione e la denuncia in vista di interventi legislativi, agli storici il compito di indagare le ragioni e i parametri socio-culturali della collisione tra universi simbolici così distanti.

Andreina De Clementi