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Giulia Lami – La questione ucraina fra ‘800 e ‘900 – 2005

Giulia Lami
Milano, Cuem, pp. VII-190, euro 14,00

Anno di pubblicazione: 2005

Nato dalla lettura critica della produzione internazionale, questo libello si propone di presentare al lettore italiano le linee interpretative essenziali per la comprensione della questione nazionale ucraina fra il 1800 e il 1921; esso colma così una lacuna della storiografia italiana, finora lasciata alle attenzioni di Oxana Pachlovska, storica della letteratura seria, ma talvolta fautrice di una lettura in termini troppo nazionalisti.
Fin dal primo capitolo, dedicato a riassumere le principali vicende della storia ucraina dal XIV al XVIII secolo, l’autrice si impegna infatti a presentare ciascun avvenimento nello specifico contesto storico che ne determinò il significato: anche grazie alla ripresa da Magocsi del concetto di ?lealtà multiple? (p. 60), ogni svolta della storia ucraina viene interpretata ?nella logica del tempo, in cui le linee d’appartenenza sociale erano senz’altro più forti di quelle d’appartenenza etnica o nazionale? (pp. 45-46). Si evita così il pericolo di vedere forzatamente nei protagonisti delle rivolte cosacche dei nazionalisti ante litteram, pur narrando delle successive spinte indipendentiste delle popolazioni di questa regione. Col secondo capitolo si inizia invece ad affrontare il problema di come questa nazione ?non storica? (p. 56), ovvero priva di una tradizione statuaria, di una classe dirigente consolidata e di una lingua standardizzata e condivisa, abbia potuto comunque elaborare nel corso dell’800 un sentimento d’identità comune distinto dai vicini. Per far questo, le tappe successive della formazione del nazionalismo ucraino (la Confraternita cirillo-metodiana, le hromady, l’organizzazione Prosvita) vengono inserite dapprima nel più ampio contesto della cultura romantica europea, e successivamente nel contorno del populismo russo, in un’ottica inedita che facilita la comprensione dello specifico percorso ucraino. Al tempo stesso sono messe in evidenza tutte le aporie di tale movimento nazionale, debole soprattutto per la mancanza di una classe media capace di trasmettere il pensiero dei padri della patria (in gran parte storici) a una popolazione composta soprattutto da contadini. Tale difficoltà sarà alla base della sconfitta dell’opzione nazionalista, rappresentata dalla Rada di Hru?evs’kyj e dal Direttorio di Petljura, che si propose per la prima volta sulla scena internazionale nel corso delle intricate vicende della prima guerra mondiale e della guerra civile, alla cui narrazione è dedicata la maggior parte del terzo capitolo. La ricostruzione non manca di dare il dovuto spazio alla questione ebraica e alle differenze regionali (riva destra e sinistra del Dniprò, Galizia), causa di ulteriori conflitti interni al movimento nazionalista.
Come si può evincere anche dalla altrimenti completa bibliografia finale, l’unica pecca è costituita da una minore attenzione per il dibattito storiografico ucraino, soprattutto per la mancanza delle riflessioni svoltesi negli ultimi quindici anni sulle pagine dell’«Ukraïns’kyj Istori?nyj ?urnal», che avrebbero contribuito a chiarire l’odierna attualità politica, oltre che storica, della questione nazionale ucraina.

Simone A. Bellezza