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Giuliano Caroli – Nascita di una Democrazia Popolare. La Romania dal 1944 al 1950 nei rapporti dei diplomatici italiani – 1999

Giuliano Caroli
Edizioni Periferia, Cosenza

Anno di pubblicazione: 1999

Come è noto, fin dalla conferenza di Mosca dell’ottobre 1944 Winston Churchill riconobbe che, nella futura architettura della pace, la Romania era “essenzialmente una faccenda dei russi”: e infatti il celebre “documento indecente” che egli sottopose a Stalin, attribuiva all’Unione Sovietica – relativamente a questo Stato – un “interesse percentuale” del 90%, il rimanente 10% essendo di spettanza britannica (presumibilmente per tutelare in qualche modo la cospicua presenza inglese nell’industria petrolifera romena d’anteguerra).
Altrettanto noto è che il colpo di stato romeno del 23 agosto 1944, organizzato dal giovane re Michele e dai partiti antifascisti, aveva determinato non solo la caduta e l’arresto del maresciallo Ion Antonescu, ma anche quel “rovesciamento delle alleanze” che consentì all’Armata Rossa una rapidissima occupazione della Romania.
Cominciava così quel processo di “sovietizzazione” della Romania che, nel giro di poco più di tre anni, avrebbe portato all’instaurazione di una delle più dure dittature comuniste dell’Europa centro-orientale.
Il libro di Caroli ripercorre puntualmente le successive tappe della costruzione del potere comunista in un paese che, dal 1938, era passato da un regime dittatoriale all’altro: l’imposizione sovietica (marzo 1945) del governo a dominanza comunista di Petru Groza, le elezioni truccate del novembre 1946, la messa fuori legge dei partiti “borghesi”, la forzata abdicazione di re Michele e la proclamazione della Repubblica “popolare” (30 dicembre 1947), la piena instaurazione della “dittatura del proletariato” (in un paese dove la classe operaia era infima minoranza ed il partito comunista aveva nel 1944 soltanto un migliaio di membri!), lo scatenamento del terrore stalinista.
Nel volume – risultato di un’accurata ricerca presso l’Archivio Storico del nostro Ministero degli Affari Esteri – tutto ciò viene ricostruito sulla base dei rapporti dei diplomatici italiani a Bucarest dal 1944 ai primissimi anni cinquanta: Renato Bova Scoppa, Pietro Gerbore, Manlio Castronuovo, Michele Scammacca, Giuseppe Puri Purini e Alberto Calisse. Uomini professionalmente ben preparati, invero. Anche se Gerbore, nell’ottobre 1946, non esitava (attribuendo l’affermazione ad un seguace del liberale filo-comunista Gheorghe Tatarescu, allora ministro degli Esteri e vice-capo del governo Groza) a scrivere: “In Romania elezioni veramente libere hanno avuto luogo una sola volta, nel 1937, sotto un governo liberale presieduto da un grand’uomo, Duca” (p. 124). Gerbore ignorava, evidentemente, che il primo ministro liberale Ion G. Duca era stato assassinato il 29 dicembre 1933 da alcuni membri della Guardia di Ferro; e che se le elezioni del dicembre 1937 non poterono essere del tutto falsificate, come solitamente avveniva in Romania, fu grazie soprattutto al cosiddetto “patto di non-aggressione elettorale” fra il Partito Nazional-Contadino di Iuliu Maniu e la Guardia di Ferro di Corneliu Z. Codreanu, cioè fra le due principali forze d’opposizione.

Lauro Grassi