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Giulietta Stefani – Colonia per maschi. Italiani in Africa Orientale: una storia di genere – 2007

Giulietta Stefani
Introduzione di Luisa Passerini, Verona, Ombre Corte, 202 pp., Euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2007

Il libro affronta in modo originale due tematiche assai importanti e tradizionalmente poco frequentate dalla storiografia italiana: si tratta dello studio della vicenda coloniale attraverso quello sulla mascolinità, ossia sui modelli, le rappresentazioni e autorappresentazioni maschili nazionali. È proprio l’intreccio tra queste due prospettive, il soggettivo e l’oggettivo, per dirla con Luisa Passerini che introduce il volume, a restituire un’immagine articolata dell’espansione italiana nell’Oltremare, in specie durante gli anni ’30 e la guerra d’Etiopia.Stefani si fa carico di quanto elaborato negli ultimi anni dagli studi sulle implicazioni di genere presenti nella realtà dei grandi imperi coloniali, che tramite questa dimensione hanno saputo cogliere i complessi rapporti tra colonizzatori e colonizzati, tra politiche della madrepatria e contesti socio-culturali della colonia, tra processi di costruzione dell’identità nazionale (ma anche imperiale) e pratiche di discriminazione razzizzante del colonizzato.Nello specifico, indagando ed esplicitando «i nessi tra mascolinità e colonialismo» colti a partire dalla constatazione «del carattere implicitamente e prevalentemente maschile dell’esperienza degli italiani in Africa» (p. 27), l’a. ha fatto luce sull’effetto «rivirilizzante» della partecipazione alla conquista coloniale, che infatti funzionò per il fascismo da «terapia della mascolinità», ossia da fattore essenziale per la rigenerazione maschile degli italiani.Mettendo al lavoro i due concetti di razza e genere, Stefani, soprattutto nel capitolo Relazioni pericolose, svela le gerarchie sociali createsi in colonia, tra militari e civili dominatori e popolazione locale, tra ufficiali italiani e ascari, tra donne nere e uomini bianchi. Ad esempio in tema di rapporti tra uomini, vi è, attraverso una comparazione con la colonizzazione dell’India, l’importante acquisizione delle modalità di relazione e percezione degli ascari da parte degli italiani: a differenza di quanto avvenne nell’Impero inglese nel quale si ebbe una femminilizzazione degli indigeni, in Etiopia questi ultimi furono ritratti in termini per lo più maschili, e quando vennero associati al mondo infantile ciò spesso fu non solo per l’atteggiamento paternalistico del bianco civilizzatore, ma anche per la realtà dei rapporti omoerotici e omosessuali presenti tra italiani e giovani africani. Di interesse sono poi le pagine sul madamato e la prostituzione, sulle relazioni, proibite perché «contro natura», tra le donne europee e i nativi, e sul meticciato. Anche a questo proposito l’a. mette in luce le contraddizioni tra la realtà complessa dei sentimenti umani dei padri colonizzatori e quella delle disposizioni legislative, dei dettami propri del razzismo biologico e della retorica ufficiale del regime.Se dunque i piani di analisi sono molteplici, al fine di esplorare la complessità dei contatti tra italiani e uomini e donne della società locale, anche le fonti utilizzate sono di diverso tipo: dalla letteratura coloniale, ad articoli a stampa, alla diaristica e memorialistica, ai documenti tratti dagli archivi coloniali.

Chiara Giorgi