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Giuseppe Berta – Nord. Dal triangolo industriale alla megalopoli padana (1950-2000), – 2008

Giuseppe Berta
Milano, Mondadori, 279 pp., euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2008

Il titolo del volume, di taglio così generale, non fa grande chiarezza sul suo contenuto. Più indicativo il sottotitolo, e a maggior ragione l’iniziale dichiarazione d’intenti dell’a. Qui si parla del fordismo italiano e della società industriale non tanto attraverso uno studio della produzione e dei mercati, della tecnologia e della stessa stratificazione sociale, quanto scavando tra immagini, retoriche e modelli analitici, arrivando al modo in cui nel complesso questo mondo è stato rappresentato e, ancor più, si è auto-rappresentato. E in questo senso si parte da un territorio materiale e simbolico che è il Nord «storico» che non corrisponde al Nord geografico: quello racchiuso tra Milano, Torino e Genova, dell’«imponente concentrazione di lavoratori, capitali e mezzi di produzione detta il triangolo industriale», con il suo «schema di organizzazione dell’economia e del territorio» (p. 3).Berta articola il suo lavoro in quattro parti, che rappresentano anche quattro campate tematiche: Le imprese, Il lavoro, La forma urbana, La rappresentanza politica. Alcuni temi sono trattati con maestria. Troviamo un’imprenditoria o forse possiamo meglio dire un padronato italiano impigrito dal fascismo e scettico, nel dopoguerra e oltre, sulle reali possibilità di industrializzazione, produzione e consumo di massa del paese. Troviamo alcuni eretici, manager capaci di immaginare il futuro, alla guida di quelli che sono o stanno divenendo i grandi potentati della nuova Italia industriale: Valletta e la Fiat, Mattei e l’Eni. Troviamo un intero gruppo sociale, la classe operaia, che riconosce se stessa non solo come appendice di impianti e macchinari, ma anche intorno a una cultura del lavoro, organizzandosi in partiti e sindacati, attaccandosi a idee e miti; dalla linea collaborazionista della ricostruzione allo scontro della guerra fredda, alla turbinosa ripresa sessantottesca, alla crisi degli anni ’80. Abbiamo il centrismo e il centro-sinistra, e quelle ipotesi socialdemocratiche preziose quanto «impossibili» perché contraddittoriamente generate in area cattolica o comunista.Il Nord trionfa, va in crisi e si trasfigura seguendo una parabola. Trionfa negli anni ’50-60, quando la grande industria appare come l’unica manifestazione possibile della modernità; entra in una prima crisi negli anni ’80, anche per non aver saputo gestire in maniera soddisfacente il conflitto industriale; va in crisi allo scorcio finale del secolo insieme alla «prima» Repubblica perdendo in compattezza, fascino, capacità evocativa. Oggi quel mondo compatto non esiste più. Al Nord-Ovest si contrappone il Nord-Est, il triangolo industriale cede il passo alla Padania, e nessuno crede più che la grande industria possa esprimere l’anima del paese-Italia.

Salvatore Lupo