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Giuseppe Casarrubea – Salvatore Giuliano. Morte di un capobanda e dei suoi luogotenenti – 2001

Giuseppe Casarrubea
Milano, Franco Angeli, pp. 304, euro 19,63

Anno di pubblicazione: 2001

Casarrubbea ha concentrato la sua attenzione sulla storia di Giuliano e sulle imprese politico-mafiose ad essa collegate da qualche anno, precisamente dal 1997, allo scadere del cinquantesimo anniversario della strage di Portella della Ginestra. Allora per la stessa Franco Angeli aveva pubblicato Portella della Ginestra. Microstoria di una strage di Stato, a cui ha fatto seguito una serie di altri studi sul banditismo siciliano e i suoi rapporti con la grande politica. Un così forte impegno nella ricerca e nella scrittura è sostenuto da una altrettanto forte motivazione civile che trova le sue origini nella perdita del padre, sindacalista, rimasto vittima non casuale di un attentato compiuto dalla banda Giuliano. Da qui anche l’impegno a favore della riapertura del processo per la strage di Portella.
Quest’ultimo libro è in parte la rielaborazione di quanto era stato scritto negli altri, spesso maneggiando un materiale complicato e farraginoso, quali sono le istruttorie ai processi, frammenti a cui Casarrubea tenta di dare una logica, ricollocandoli in un contesto più ampio per verificarne il valore. Il lavoro si divide in tre parti, dedicate ognuna alla vicenda di un bandito: Salvatore Ferreri, detto Fra’ Diavolo, Salvatore Giuliano, Gaspare Pisciotta. Tutti e tre vittime della loro stessa collaborazione, prestata a vario titolo, alla giustizia: confidenti, provocatori, giustizieri, contras, come si potrebbe dire oggi; ma certamente posti in una scala gerarchica che riconferma la maggiore importanza di Giuliano.
Forse questo aver voluto separare le tre storie appesantisce un poco la narrazione, che per altri versi Casarrubea si è sforzato di rendere gradevole e attraente ricorrendo a uno stile letterario meno freddo, un po’ immaginifico talvolta, nel tentativo di restituire atmosfere particolari, di aiutare il lettore a rendersi conto meglio di certi contesti e di certe situazioni. Come per i lavori precedenti si tratta, tuttavia, di dominare una materia farraginosa e ostica, che alla fine tale resta lasciando molti interrogativi in chi legge. L’idea di fondo, che la vicenda Giuliano e la strage di Portella del primo maggio 1947 siano all’origine dello stragismo che ha tormentato la vita della Repubblica per molti anni, vivifica la narrazione, e il lettore proprio nello sviluppo di questa ipotesi può trovare materiale e riflessioni interessanti. Questo a condizione che lo storico affronti l’argomento con gli strumenti e con le domande della sua professione e non pensi di sostituirsi ai giudici, anche se non è soddisfatto delle soluzioni che i giudici hanno dato quando era il loro tempo.

Rosario Mangiameli