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Giuseppe Gaudenzi – Ettore Tulli e la banda Pisacane. Una famiglia antifascista bergamasca – 2002

Giuseppe Gaudenzi
a cura di Roberto Satolli, Bergamo, Il Filo di Arianna, pp. 87, euro 8,00

Anno di pubblicazione: 2002

Questo racconto, scritto da un giornalista scientifico discendente dalla famiglia del titolo, precocemente scomparso, introduce il lettore a un doppio ordine di considerazioni e problemi, nazionali e locali. Il cugino di Ettore, Enrico Tulli, entrò infatti nella “grande storia”. Protagonista con Romano Cocchi dell’ingresso della sinistra del partito popolare e del sindacalismo cattolico radicale nel PSI e poi nel PCI, col gruppo di Guido Miglioli, Tulli fa parte del collettivo carcerario che discusse aspramente la “svolta” del 1930 e si trova in contrasto sia con Gramsci, nel metodo di discussione, sia con la maggioranza del partito, nei contenuti. Espatria alla fine del ’37 in Francia, stabilendosi ad Agen, nel Midi dove viveva una vera e propria colonia di immigrati bergamaschi: ne abbiamo notizia attraverso l’epistolario di Angelo Tasca. A proposito del quale, Gaudenzi parla di “sospetti mai definitivamente chiariti di aver lavorato per il governo collaborazionista” (p. 50). Cito questo fraintendimento non per pedanteria ma perché esso fa parte di una sorta di “leggenda aurea” che paradossalmente gli scontri anche giudiziari con il PCF hanno procurato a Tasca. La pubblicazione dei due Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli dedicati ai diari e documenti inediti di Tasca e soprattutto il lungo saggio di David Bidussa nel secondo Annale hanno ricostruito il percorso unitario del dirigente italiano attraverso il socialismo d’educazione, l’?autonomia del politico? e il planismo fino a una convinta e poi disillusa adesione al progetto vichysta di rifondazione etico-nazionale estranea alla tradizione liberale come a quelle democratica e marxista. Hanno dunque inquadrato la sua attività presso il servizio d’informazione e propaganda di Vichy e la sua collaborazione con una rete d’informazione belga di supporto ad ambienti della resistenza militare- che secondo le carte del suo archivio è attestata a partire dalla fine del ’41 ? in una storia che appartiene al territorio che Zeev Sternhell ha felicemente delineato nel suo Ni droite ni gauche.
Tulli rimane un esule antifascista italiano e si inquadra invece agevolmente nelle fila della resistenza gollista. Il suo biografo contribuisce comunque a chiarire alcune circostanze degli ultimi anni ad Agen e della sua morte. Le pagine di Gaudenzi sono un contributo alla ricostruzione ? il cui merito spetta soprattutto ad Angelo Bendotti, Giuliana Bertacchi e Gianluigi della Valentina ? di una storia sociale ancor prima che politica di un territorio che non è stato soltanto una “Vandea clericale”, come lo definivano nel 1923 Romano Cocchi ed Enrico Tulli. Ettore Tulli, sua nipote Marisa e tanti altri “piccoli maestri” citati in queste pagine, fanno parte di quella rete di ribelli tenaci e ben radicati che hanno costruito a Bergamo una storia di conflitti sociali e culturali di grande interesse. L’importanza delle reti famigliari allargate nell’educazione politica e del mondo cattolico come laboratorio al cui interno si riproducono i conflitti dell’intera società, la difficoltà di comunicazione fra borghesia urbana antifascista e operai escono efficacemente confermati da questa sobria narrazione.

Maria Grazia Meriggi