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Giuseppe Isnardi (1886-1965). Coscienza nazionale e meridionalismo

Saverio Napolitano
Soveria Mannelli, Rubbettino, 361 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2014

Il volume di Saverio Napolitano ben si situa all’interno della storiografia meridionalistica.
Pubblicato nella «Collezione di studi meridionali» dell’Associazione nazionale per
gli interessi del Mezzogiorno (Animi), il libro, giovandosi dei recenti studi di Sergio Zoppi
e Guido Pescosolido, si fa apprezzare per l’attenta ricerca condotta su fondi archivistici
e riviste, e per l’inserimento della figura di Isnardi entro la storia d’Italia.
Nato a Sanremo, «trapiantato» per qualche anno a Torino, Isnardi respirò l’ambiente
culturale piemontese, particolarmente avvertito delle difficoltà del Mezzogiorno. Cultura
risorgimentale e pensiero sociale cattolico ne caratterizzarono la formazione: «Isnardi –
osserva l’a. – non disgiunse mai i principi cristiani dalla coscienza dell’unitarietà e indivisibilità
del Paese e dalla consapevolezza, da queste postulata, che la soluzione dei problemi
delle regioni meridionali richiedesse l’apporto dello Stato e di tutti gli italiani» (p. 23).
Nell’impegnarsi con l’Animi nel dirigere le scuole che questa gestiva in Calabria,
egli sviluppò con Umberto Zanotti Bianco una collaborazione non priva di differenze
significative tra i due. Mentre per Zanotti Bianco l’impegno civile e assistenziale fu un
tutt’uno con la battaglia politica per la libertà, e da qui il suo antifascismo, per Isnardi,
dopo un’iniziale ostilità al regime, il compromesso tra Stato e Chiesa sancito dai Patti lateranensi
del 1929 sembrò risolvere il «problema» della democrazia. Dopo il 1948, mentre
il primo si avvicinò al Pli mantenendo contatti con l’area azionista e di sinistra – con un
rapporto a sua volta non semplice con Alcide De Gasperi – il secondo assunse invece
una posizione liberal-conservatrice, chiuso al dialogo con le sinistre, secondo principi di
intransigenza e di fedeltà alla Chiesa pacelliana. Alla luce di tali valori, non negoziabili,
appare peraltro comprensibile l’atteggiamento negativo assunto verso i movimenti di protesta
dei contadini, che pure in Calabria ebbero un peso significativo nel 1949-1950, e il
silenzio osservato in materia negli studi sul Mezzogiorno.
Dentro questa visione politica, Isnardi portò avanti con l’Animi una costruttiva attività
didattica in una delle regioni più disagiate del Sud, impegnandosi sul lato culturale e
su quello caritativo. Ebbe modo di dialogare con vari intellettuali, da Giustino Fortunato
a Carlo Levi. Il Mezzogiorno che emerge dalle sue pagine, e di cui pure s’innamorò, è fatto
di spinte alla modernizzazione ma soprattutto di analfabetismo, malaria, disoccupazione,
povertà diffuse, ambienti naturali difficili. Analizzando tramite Isnardi la Calabria, l’a. alterna
registri diversi, per capire classe dirigente, società degli umili e territorio, modernità
e socialità contadina, linguaggi e simbolismi, dandone un efficace affresco storico.

 Emanuele Bernardi