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Gli Standschützen sui monti di Ledro

Marco Ischia, Alexander Schwabl
Trento, Temi, 456 pp., € 30,00

Anno di pubblicazione: 2014

L’istituzione degli Standschützen è ricca di storia, traendo le proprie origini all’inizio dell’età moderna, come milizia popolare all’interno del territorio tirolese. Ragioni di ordine sociale e geografico spiegano la sua nascita, volendo sommare i vantaggi di poter disporre sul posto in casi d’emergenza di un contingente preparato al territorio da difendere. Con i secoli i militi andarono a perdere la caratteristica di volontari, per divenire durante la Grande guerra una vera e propria componente delle Forze armate regolari dell’Impero. Ciò non impedì tuttavia di mantenere quella veste montanara, che ne caratterizzava la struttura e la volontà d’impiego. La comparazione con i nostri alpini è sin troppo semplice, ma probabilmente a nord del Lago di Garda il rapporto tra territorio-cittadino-Impero aveva un significato molto più profondo, vista la storia stessa dell’istituto. La promiscuità tra vita civile e quella militare era sintetizzata dal fatto che in tempo di pace gli Standschützen si addestravano presso locali strutture di tiro e non presso campi militari ufficiali.
La Grande guerra avrebbe rivoluzionato ancora di più il suo organico. Essendo gli effettivi già impegnati contro la Russia, in Tirolo venne fatta la coscrizione degli adolescenti ancora non arruolati (né mai addestrati) e degli anziani. L’armamento e l’equipaggiamento fu di massima arrangiato; la maggior parte del vestiario pesante era portato direttamente da casa. Nonostante questa apparente disorganizzazione, l’importanza degli Standschützen, soprattutto nei primi mesi di guerra, fu salvifica per l’Impero. Con il grosso delle unità sul fronte orientale e ancora non impegnata la Germania contro l’Italia, le milizie locali riuscirono non solo a difendere con caparbietà il proprio territorio, ma spesso seppero anche contrattaccare e mettere in difficoltà gli italiani.
Il volume bilingue (italiano/tedesco) analizza nell’ordine: l’impiego bellico e la struttura; la memorialistica; il rapporto con il territorio naturale e antropico. Relegata per un secolo all’esclusiva memoria familiare, oggi si fa di questa esperienza un’accurata e vivida descrizione. In ciò riveste un’importanza non secondaria il capitolo dedicato ai pittori soldato – i Kriegsmaler – che hanno interpretato a proprio modo (soprattutto) per fini propagandistici la guerra in montagna. L’apparato fotografico d’epoca descrive minuziosamente la vita quotidiana al fronte e nelle retrovie, mentre il corredo fotografico attuale offre l’opportunità di immergersi in un paesaggio che ha influenzato ed è stato influenzato dalle vicende narrate, senza necessariamente venirne corrotto. Le fortificazioni, i camminamenti, le opere architettoniche finalizzate alla difesa del territorio diventano per l’escursionista un luogo di memoria e riflessione, proprio perché divenuti essi stessi componenti essenziali della storia civile oltre che naturale della regione. Del resto – come viene spiegato nella premessa – in questo volume due elementi congiunti tra loro balzano agli occhi: «la storia delle genti e le modificazioni paesaggistiche. Due elementi che hanno connotato peculiarmente il territorio trentino» (p. 5).

Giovanni Cecini