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Gloria Chianese (a cura di) – Fascismo e lavoro a Napoli. Sindacato corporativo e antifascismo popolare (1930-1945) – 2006

Gloria Chianese (a cura di)
Roma, Ediesse, 405 pp., euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2006

Il volume curato da Gloria Chianese è dedicato alla storia del Sindacato fascista e dell’antifascismo popolare a Napoli. Gli autori hanno posto al centro della loro attenzione «la realtà e il vissuto dei ceti popolari» napoletani, documentando «l’ampiezza e la profondità di un disagio che attraversò la società italiana per l’intero ventennio fascista» (p. 15). Sulla caratterizzazione in senso antifascista del malessere popolare i ricercatori esprimono però giudizi in parte diversi, dovuti anche alle differenti fonti utilizzate (le relazioni della Prefettura di Napoli, i fondi di polizia del Ministero dell’Interno e il Casellario politico centrale). Nel saggio di Andrea De Santo, dedicato al Sindacato fascista a Napoli a cavallo degli anni Venti e Trenta, pur ricordandosi il carattere violento dell’affermazione del sindacalismo in camicia nera, si segnalano i tentativi di quell’organizzazione, investita dalla pressione dei lavoratori, di difenderne in qualche modo le istanze. Tali sforzi furono però sempre frustrati dall’azione della locale Associazione degli industriali, pronta a premere sulla Prefettura e gli altri organi del regime per reprimere la conflittualità sociale del mondo operaio. Quest’ultimo, stretto tra l’incudine dei licenziamenti dalle aziende in crisi e il martello delle decurtazioni salariali, produsse spontaneamente forme estreme di lotta, come lo sciopero, vietatissime dalla dittatura. Diverso invece il giudizio di Alexander Höbel, il cui contributo è dedicato all’antifascismo, di cui il movimento comunista fu la forza quantitativamente più significativa. Secondo l’autore, nonostante i frequenti arresti operati dalla polizia del regime, il PCd’I seppe mantenere una presenza costante tra le masse popolari della città, formando una nuova generazione di militanti, capace di orientare in senso classista il ciclo di agitazioni operaie ricordato da De Santo. Le agitazioni delle fabbriche napoletane sarebbero quindi dovute anche allo sforzo dei militanti comunisti, in grado di trasformare in dissenso politico i malumori delle maestranze operaie. L’ultimo saggio, scritto da Giuseppe Aragno, si muove invece lungo una direttrice diversa, anche se collegata alle precedenti, ricostruendo i percorsi biografici di uomini e donne dell’antifascismo napoletano. Aragno privilegia la dimensione soggettiva della scelta di opporsi alla dittatura, pagata non soltanto con il confino e il carcere, ma anche con l’emarginazione e l’isolamento, sfociati a volte in tragiche scelte autodistruttive e sottolinea la molteplicità delle ispirazioni ideali che portarono alla militanza antifascista, rilevando una significativa presenza di militanti anarchici, socialisti o comunque di figure eterodosse, difficilmente ascrivibili ad una specifica cultura politica. Il risultato finale è una ricostruzione della realtà popolare napoletana durante il regime assai ricca e variegata, che consente, anche grazie al dialogo critico tra i diversi contributi, di individuare nuovi nodi storiografici, superando ogni lettura schematica.

Tommaso Baris