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Goffredo Adinolfi – Ai confini del fascismo. Propaganda e consenso nel Portogallo salazarista (1932-1944) – 2007

Goffredo Adinolfi
Prefazione di Antonio Costa Pinto, Milano, FrancoAngeli, 245 pp., Euro 21,00

Anno di pubblicazione: 2007

In un panorama culturale connotato da scarsissimo interesse per la storia e la storiografia portoghesi, questo libro di Goffredo Adinolfi rappresenta una felice eccezione, non solo perchè il tema che tratta è frutto di una ricerca originale ma anche per l’attenzione che ha l’a. nel mettere in relazione fatti ed eventi portoghesi con l’esperienza fascista italiana ed europea.Il volume si snoda in quattro capitoli che analizzano l’ascesa del salazarismo, il modo in cui l’Estado novo si consolida, l’ermergere del Segretariato per la propaganda nazionale tra le istituzioni del regime, il modo in cui si esprime il totalitarismo salazarista e il rapporto tra questo regime e la guerra mondiale, cui il Portogallo non partecipa.In questo contesto, il cuore del volume è costituito dall’analisi del Segretariato per la propaganda nazionale, diretto da un ammiratore entusiasta del fascismo italiano (ed autore di un libro di interviste ai maggiori dittatori degli anni ’20), Antonio Ferro. Adinolfi mostra come l’attività di questa istituzione, volta al controllo dell’informazione, dell’utilizzo della radio, di riogranizzazione della stampa di provincia e alla diffusione di un cinema di regime – tutto ciò che poteva trasformare il regime in una struttura capillarmente presente nella società portoghese – si sia risolta spesso in un fallimento senza però essere per questo meno importante nel delineare le aspirazioni e le tensioni interne al regime salazarista. La stessa esistenza di questo istituto, come pure le tensioni tra politica tradizionale e di nazionalizzazione delle masse, e quelle tra una società in via di modernizzazione e una più statica, portano a ridefinire la questione del salazarismo come regime autoritario tradizionale, cosa che del resto una parte della storiografia più avvertita ha cominciato a fare da vari anni.A partire da queste considerazioni, l’a. giunge alla conclusione che sebbene la costruzione del consenso e della nazionalizzazione sia senz’altro un punto debole nel regime di Salazar, esso fu senz’altro organico e corporativo e totalitario, per il suo rendere il dittatore l’agente politico capace fin da subito di subordinare la Chiesa, autonomo dalle tensioni e dalle pressioni di un partito massa e non legato ad alcun potere monarchico. Interessante, anche se problematica, appare la scelta dell’a. di porre il suo sguardo su un organismo fallimentare della politica di nazionalizzazione del salazarismo, senza per questo dedurne una meno forte appartenza di quel regime ai fascismi e ai totalitarismi tra le due guerre. Proprio a partire da questo riposizionamento rispetto alle definizioni di totalitarismo, avrebbe potuto discendere un ripensamento più complessivo di quella categoria, oppure un abbandono della stessa in una fase in cui, anche se il significato ideologico di questa categoria si va annacquando, essa appare comunque, e anche a partire da questo volume, problematica.

Giulia Albanese