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Guido Melis (a cura di) – Impiegati. Figure del mondo del lavoro nel Novecento – 2004

Guido Melis (a cura di)
Torino, Rosenberg & Sellier, pp. 216, euro 18,50

Anno di pubblicazione: 2004

Come primo contributo a un progetto dedicato al mutamento delle principali figure lavorative nel corso del ‘900, il Centro studi per la storia del lavoro di Imola ha scelto di presentare una sintesi sui colletti bianchi, coronando un periodo di studi di storia dell’impiego di cui è stato protagonista. Il volume consta di cinque saggi di ampiezza diversa, oltre alla prefazione di Angelo Varni e a una ampia bibliografia ragionata finale. Protagonista principale è l’impiego pubblico, il cui studio in Italia ha conosciuto negli ultimi anni una feconda stagione, che ne ha consolidato le periodizzazioni, gli snodi interpretativi, i molti elementi di continuità e i pochi di discontinuità (femminilizzazione e policentrismo, sviluppatisi nell’ultimo cinquantennio), che Sabino Cassese traccia nel suo breve ma denso saggio introduttivo, che Guido Melis magistralmente illustra in un ampio affresco tra l’Unità e gli anni ’90 del XX secolo, e che Angelo Mari precisa ulteriormente per il periodo del quindicennio a cavaliere di questo secolo, in relazione soprattutto all’impatto dei provvedimenti di ?privatizzazione? del rapporto di lavoro pubblico (in particolare il dl. 29/1993 e i provvedimenti successivi). Anche Patrizia Ferrara, ripercorrendo con taglio sociografico la presenza femminile negli uffici dall’Unità a oggi, si occupa prevalentemente di impiego pubblico. Oltre a fare il punto sui risultati raggiunti, i saggi ricordati finiscono anche per metterne in luce ? e anche questo è un bene ? gli attuali limiti e qualche incertezza, che non possiamo che indicare in modo colpevolmente schematico. La feconda scuola di Melis (e di Cassese) ha affrontato il tema partendo dal centro, ovvero dall’amministrazione centrale; la storiografia aspetta ora che le indagini si articolino anche in periferia, nello studio degli uffici periferici dello Stato e degli enti locali, sulla base di diversi ma altrettanto robusti presupposti metodologici. Che sono però ancora tutti da pensare e dovranno tenere conto di una dialettica tra impiegato e milieu locale, che si presenta probabilmente assai diversificata nelle varie aree del paese, e da cui ci pare possano scaturire strumenti interpretativi significativi. Inoltre, emergono ancora carenze di studi empirici sui livelli inferiori dell’impiego pubblico non operaio, e molto altro potrebbe essere fatto nella ricerca sull’organizzazione del lavoro e sull’architettura degli uffici. Ancor più profonde sono le lacune che emergono dalla circostanziata e problematica carrellata di Giovanna Tosatti sull’impiego privato, saggio ancor più meritorio per l’assenza di precedenti contributi di lungo periodo su questi temi. La lacuna principale infatti è proprio la carenza di studi empirici sugli impiegati privati, intorno ai quali si dovrebbe tornare a scavare negli archivi aziendali, e guardare con nuovi occhi anche alla realtà esterna all’ufficio (famiglia, quartiere, socialità, sindacato, forme di reclutamento, scuola e formazione, ecc.), anche riattualizzando gli strumenti fecondamente utilizzati in passato per gli studi sul mondo operaio, che però in questa recente stagione storiografica paiono fatalmente passati di moda.

Marco Soresina