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Gustav Seibt – Roma o morte. La lotta per la capitale d’Italia – 2005

Gustav Seibt
Milano, Garzanti, pp. 287, euro 24,00

Anno di pubblicazione: 2005

Il grosso volume di Seibt, docente di Teoria della critica letteraria presso la Humboldt Universität di Berlino, nasce come ?scritto d’occasione?, originato dal trasferimento della capitale della Germania riunificata a Berlino e dalla ricerca di un suo precedente storico nel ?trasloco’ della capitale del Regno d’Italia da Firenze a Roma nel 1870. ?Ben presto mi sono trovato però ? nota lo stesso Seibt ? alle prese con una vicenda che sovrastava vistosamente il problemino tedesco: le dimensioni della questione romana erano e sono europee, ideologiche anche estetiche? (p. 335). E, in effetti, proprio agli aspetti ?ideologici? e più ampiamente culturali della ?questione romana? è dedicata la parte centrale, e più interessante, del volume.
La ?questione romana? è per l’autore innanzi tutto una questione simbolica: ?la conquista di Roma da parte degli italiani dovette essere preceduta da una battaglia di opinioni, ovvero da una guerra di religione alla quale partecipò tutta l’Europa: uno dei più drammatici conflitti ideologici dell’età delle rivoluzioni? (p. 122). Tuttavia proprio l’analisi di questo dibattito lascia più di una perplessità nel lettore a causa dei giudizi tranchant e non sufficientemente motivati sui sostenitori dello Stato nazionale laico, sin troppo sbrigativamente assimilati al ?terrorismo rivoluzionario europeo che sta fra Robespierre e Lenin?. Ben più convincente e innovativa è la parte dedicata ai propugnatori dell’infallibilità pontificia e del potere temporale, di cui in particolare si sottolinea la capacità di confrontarsi con i moderni strumenti di ?politicizzazione? delle masse che si affermano proprio a partire dalla metà del XIX secolo.
La ?questione romana? non si esaurisce tuttavia nella contrapposizione tra lo ?spirito del secolo?, nazionalista e scientista, e una religione sempre più arroccata nella difesa dei suoi aspetti più dogmatici. Seibt indaga con attenzione anche altri aspetti, forse meno immediatamente evidenti, ma non privi di rilevanza, specie per il lettore attuale, e in particolare lo sfortunato dibattito animato dagli esponenti del ?cattolicesimo liberale? europeo, che chiamava in causa il rapporto tra la libertà di coscienza individuale e le caratteristiche potenzialmente totalitarie, o comunque intolleranti verso le minoranze, delle moderne democrazie. Paradossalmente, nota l’autore ?il regime più arretrato d’Europa, il territorio ritenuto irriformabile e degradato del papa, fu scoperto proprio dai pensatori liberali delle grandi nazioni ? la Francia, l’Inghilterra e la Germania ? come un bastione contro il valore esclusivo del principio di patria, come garanzia della non identità fra religione e autorità civile, fra confessione e nazione? (p. 182).

Pietro Finelli