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Hans Woller – Geschichte Italiens im 20. Jahrhundert – 2010

Hans Woller
München, Verlag C.H. Beck, 480 pp., € 26,95

Anno di pubblicazione: 2010

La bella e rigorosa storia d’Italia nel XX secolo scritta da Hans Woller rientra in un ampio progetto editoriale di rilettura della storia europea attraverso le esperienze nazionali. L’intento generale del progetto, orientato a ricercare convergenze di lungo periodo, spiega alcune interessanti scelte di fondo, come ad esempio la periodizzazione (‘900 come «secolo lungo») oppure l’attenzione per la politica coloniale.Il lavoro di Woller si articola in tre parti che trovano le loro cesure nel 1922 e nel 1945: Italia liberale, Italia fascista, Italia democratica. L’a. compie una sintesi densa, che utilizza agilmente la letteratura esistente (in italiano, tedesco, inglese) e ne riflette le caratteristiche. Costretto a gestire una storiografia sovrabbondante su alcuni temi e lacunosa su molti altri, l’a. cerca perfino di integrare il quadro con spunti di ricerca originale. Nella sua rappresentazione programmaticamente «sine ira et studio» (p. 11) Woller mantiene uno spiccato equilibrio fra storia politica, economica, sociale e perfino culturale. Cura soprattutto i temi di politica economica. Fra le varie fasi della vita italiana, predilige quella della transizione democratica, tema ricchissimo e di grande interesse storico e politico. Per il secondo dopoguerra, la tripartizione storia economica-storia politica-storia sociale è molto marcata e si sente il peso dei riferimenti storiografici, in particolare da un lato di Paul Ginsborg e dall’altro dei molti lavori di storia dei partiti che caratterizzano la tradizione italiana. Colpisce l’assenza dell’Europa unita come cornice del discorso: la prospettiva dell’integrazione europea compare solo in due momenti, con l’europeismo degasperiano e nella dettagliata esposizione degli sforzi per rientrare nei parametri di Maastricht.Uno degli aspetti più interessanti del lavoro di Woller è l’emergere del punto di vista tedesco sull’Italia, nelle parole dei protagonisti e nelle pagine di cronaca. Fra gli elementi che più colpiscono vi è il tradimento italiano nelle due guerre mondiali, una questione piuttosto estranea alla riflessione italiana ma ben presente, come ama notare anche G.E. Rusconi, nella retorica e nella rappresentazione tedesca.Dispiace invece (o è forse inevitabile?) che nel narrare la storia del secondo dopoguerra nemmeno uno sguardo esterno sia riuscito ad emanciparsi dalla cronaca dei governi che vanno e vengono, incapaci di riforme vere e di politiche valoriali. Così l’Italia post-degasperiana risulta tragicamente incapace di esprimere una politica propositiva, in un quadro sostanzialmente di grande confusione. Alla fine, l’impressione è che il libro sia tutto teso a spiegare la lunga crisi di quel «modello Italia» che ha caratterizzato lo sviluppo del nostro paese nel lungo periodo: un modello fatto di industrializzazione forzosa nel segno della protezione e della partecipazione statale nell’economia. Così l’ultimo capitolo, l’unico molto schierato (come del resto la stampa italiana e tedesca che ne costituiscono la fonte), identifica nella deriva berlusconiana la fine inevitabile a cui giunge un sistema di intollerabile immobilismo sociale ed economico.

Sara Lorenzini