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Hartmann Hinterhuber – Uccisi e dimenticati. Crimini nazisti contro malati psichici e disabili del Nordtirolo e dell’Alto Adige – 2003

Hartmann Hinterhuber
Trento, Museo storico in Trento, pp. 150, euro 13,00

Anno di pubblicazione: 2003

Il volume ricostruisce, dentro una più generale riflessione sulle pratiche ?eugenetiche? della Germania nazista, la vicenda dei malati affetti da turbe mentali o portatori di handicap, trasferiti dai centri ospedalieri del Tirolo e dell’Alto Adige in apposite strutture per essere ?eliminati?. Dopo aver offerto un sintetico ma efficace quadro dei presupposti ideologici che spinsero il nazismo, in nome della salvaguardia della purezza della razza, a decidere la forzata ?eutanasia? (il programma ?T4?) di migliaia di malati psichici, non mancando di sottolineare, assieme alla decisa opposizione degli ambienti religiosi, che riuscirono poi ad ottenerne una parziale sospensione del provvedimento, la sostanziale acquiescenza di importanti settori della società tedesca direttamente coinvolti nell’operazione (medici, psichiatri, professori ecc.), l’autore si sofferma sui meccanismi dello sterminio. Attraverso la costituzione di istituti fittizi per i malati psichici, con la complice compiacenza del personale medico, si provvide infatti alla loro eliminazione. Neppure la sospensione del programma ?T4?, formalmente decisa nell’agosto del 1941, sotto la spinta della pressione popolare, non mise fine alle pratiche di sterminio deliberato, che continuarono, in Austria, almeno fino al 1944. Lo spettro delle vittime anzi si ampliò progressivamente: non solo, dopo le conquiste del periodo bellico, furono uccisi malati anche di diversa cittadinanza, come cecoslovacchi, jugoslavi e, forse, belgi e francesi, ma furono eliminati anche, attraverso la ?somministrazione di farmaci? o la ?restrizione alimentare?, anziani provenienti da case di riposo o da istituti assistenziali, e, più in generale, malati gravi, disadattati o semplicemente persone affette da disturbi comportamentali.
Nel libro il lungo calvario dei malati psichici e dei cosiddetti ?asociali? di lingua tedesca, costretti dai trasferimenti coatti, spesso contro la volontà dei familiari, a stabilirsi in ospedali assai più lontani, da dove sarebbe poi giunta la notizia della loro morte per cause naturali, è attentamente ricostruito, grazie anche all’ausilio della documentazione clinica conservata nelle istituzioni mediche. All’autore, peraltro medico-psichiatra di formazione, va il merito dunque di aver riportato alla luce una vicenda solo apparentemente minore, evidenziando la passiva accondiscendenza (e, non raramente, l’adesione convinta) della società civile, e della sua categoria professionale in primis, all’orrore dello sterminio. Pur senza addentrarsi all’interno del recente dibattito storiografico sviluppatosi sul nazismo come ?ideologia biopolitica?, la ricerca, i cui intenti etico-morali, prima ancora che storiografici, sono palesemente dichiarati e rivendicati, ci esorta a riflettere sul conformismo e la deresponsabilizzazione come presupposti dello sterminio di massa. In assenza di simili comportamenti collettivi, come ricorda l’autore, i malati psichici, gli anziani soli, e i disadattati cronici, ricoverati negli istituti psichiatrici e centri di assistenza del Tirolo, e dell’Alto Adige, non si sarebbero forse contati a centinaia tra le vittime della barbarie nazista.

Tommaso Baris