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Hubert Heyriès – Les Garibaldiens de 14. Splendeurs et misères des Chemises Rouges en France de la Grande guerre à la seconde guerre mondiale – 2005

Hubert Heyriès
Nice, Serre Éditeur, pp. 672, euro 43,00

Anno di pubblicazione: 2005

Hubert Heyriès, professore a Montpellier, studia da anni i rapporti italo-francesi secondo crinali minori e pur significativi tra la storia militare e socioculturale. Il suo volume Les militaires savoyards et niçois entre deux patries, 1848-1871 (Montpellier, Université Paul Valery, 2001, pp. 575) studia le ragioni che portarono gli ufficiali savoiardi e nizzardi dell’esercito e della marina sabauda a optare in grande maggioranza per la cittadinanza italiana e la continuità del loro servizio nelle forze armate italiane, in controtendenza con la scelta di massa che Nizza e la Savoia fecero per la Francia. Una storia minore, ma di grande interesse per l’analisi dell’istituzione militare e del ruolo di quella che oggi definiremmo la lobby degli ufficiali savoiardi nell’esercito italiano. Heyriès sta lavorando oggi su un’altra vicenda dimenticata, le truppe italiane in Francia nel 1918, come combattenti e come lavoratori militarizzati, i loro rapporti con la popolazione e il loro ruolo politico e mediatico.
Nel volume che presentiamo, Heyriès riprende e conclude molti anni di minuziose ricerche nella stampa e negli archivi italiani e francesi sui garibaldiens de 14. Il punto di partenza sono le vicende dei volontari italiani che nell’autunno 1914, rispondendo all’appello dei nipoti di Garibaldi, accorsero a combattere sul fronte francese. Una ?legione garibaldina? di poco più di 2.000 uomini (per almeno metà italiani già residenti in Francia), per ragioni politiche e militari inquadrata il 5 novembre 1914 come 4° reggimento di marcia della Legione straniera. Tra dicembre e gennaio i garibaldini condussero con bravura tre brevi e cruenti attacchi con grosse perdite, un terzo degli effettivi, poi il 5 marzo 1915 la legione fu sciolta. Una vicenda minore dal punto di vista militare, irrilevante in confronto alle centinaia di migliaia di caduti che l’esercito francese ebbe nel 1914-1915, ma con uno straordinario successo politico e mediatico. Fu l’ultima espressione di una tradizione garibaldina minoritaria e pur vivace nell’ambito della sinistra democratica dell’Italia unitaria (su cui sta per uscire un volume di Eva Cecchinato). E poi un aspetto importante dell’interventismo italiano. Furono soprattutto i francesi a dargli un grande rilievo, come manifestazione di amicizia in un momento di grande difficoltà. Il ricordo dei garibaldiens de 14 ha avuto in Francia un successo che continua ancor oggi, al di là delle sue modeste dimensioni, come documenta Heyriès con un ampio spoglio della stampa.
Un mito senza le basi per reggere al successo. Nella terza parte del suo volume Heyriès studia le vicende del garibaldinismo fino alla seconda guerra mondiale, un piccolo gruppo di reduci con forti divisioni interne, in cui i molti nipoti e pronipoti di Garibaldi conservavano un ruolo privilegiato di immagine. Con tutte le complicità possibili, anche ai bassi livelli, con il regime fascista, salvo saltuari ricuperi delle origini democratiche. Triste fine di un grande mito.

Giorgio Rochat