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I muri del lungo ’68. Manifesti e comunicazione politica in Italia

William Gambetta
prefazione di Edoardo Novelli, Roma, DeriveApprodi, 189 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2014

Il volume – frutto di una documentata ricerca sui manifesti prodotti nel decennio
successivo al 1968 – indaga l’interazione fra due universi della comunicazione politica
solo apparentemente distanti: da un lato, le nuove strategie emerse nell’ambiente dei
movimenti giovanili, con l’arrivo in Italia di modelli come l’Atelier Populaire parigino,
dall’altro, la propaganda dei partiti, da quelli più vicini alle ragioni della protesta fino alle
formazioni politiche più moderate e conservatrici.
Nel saggio, i manifesti sono fonte ma anche oggetto di studio. Motivi iconografici,
soluzioni grafiche e artifici retorici sono analizzati con un metodo che attinge da discipline
come la storia dell’arte o la semiotica. Oltre a esaminare un’ampia gamma di manifesti
– in parte riprodotti all’interno del libro – l’a. ha consultato documenti come le direttive
di partito e i periodici interni dei loro uffici propaganda, per ricostruire i contesti di progettazione
e produzione, fino alle pratiche di diffusione e attacchinaggio. Gambetta rileva
come si trasformarono, nei manifesti, le modalità di rappresentazione dei tre soggetti
sociali protagonisti degli anni fra 1968 e 1978: i giovani, gli operai e le donne. Si sofferma
poi sull’uso di simboli, codici cromatici emotivi iconografici come il pugno chiuso,
registrando i segnali della svolta successiva, con la svalutazione della simbologia storica dei
partiti in favore di una forte personalizzazione della comunicazione politica a partire dagli
anni ’80. Infine, dedica l’ultimo capitolo alla rappresentazione controversa della violenza,
in un decennio attraversato da molteplici spinte conflittuali.
Per comprendere come in Italia la lunga onda del 1968 abbia investito la comunicazione
politica, l’a. mette a fuoco i meccanismi di appropriazione e depotenziamento,
ma anche di ibridazione e rilancio, dei nuovi linguaggi da parte di tutte le forze politiche,
dalla sinistra extraparlamentare al Msi.
In questo quadro, emerge una questione che avrebbe meritato forse maggiore attenzione:
la relazione fra comunicazione politica e commerciale. Non c’è dubbio che la
stagione del lungo Sessantotto – come afferma Gambetta – abbia portato con sé una forte
rivendicazione di alterità della politica rispetto al progressivo affermarsi della società dei
consumi. Tuttavia, quella che l’«Almanacco Bompiani» del 1973 battezzò l’«Altra grafica»
ebbe ripercussioni fin da subito nella pubblicità, che cooptò ma, in alcuni casi, influenzò
anche i nuovi modelli di comunicazione di giovani, donne e operai. Professionisti della
grafica come Albe Steiner, Michele Spera o Ettore Vitale, più volte citati all’interno del
volume, tentarono in realtà di elaborare allora una propria identità alternativa a quella dei
pubblicitari, ma questo non impedì agli uomini di marketing di conquistare poi anche i
partiti.
Per cogliere ciò che è accaduto nella comunicazione politica italiana dopo l’esaurirsi
della spinta partecipativa del Sessantotto, occorrerà dipanare i fili di questo nodo intricato,
che partono proprio dai muri esplorati da Gambetta.

Carlo Vinti