Cerca

I sommergibili del fascismo

Fabio De Ninno
Milano, Unicopli, 291 pp., € 19,00

Anno di pubblicazione: 2014

Il principale merito della ricerca di De Ninno va ricercato nell’ambizione, che emerge
in filigrana tra le pagine del volume, di superare le angustie evenemenziali di una storia
militare ripiegata nel proprio asettico tecnicismo, richiamandosi a una tradizione di studi
della storiografia italiana numericamente poco nutrita ma qualitativamente ricca, capace
di interpretare l’histoire-bataille per eccellenza, quella militare, appunto, in un un’articolata
cornice storica, politica e sociale. Il nucleo tematico prescelto, la marina italiana e le
sue forze sommergibilistiche nel ventennio fascista, viene riconnesso, alla luce di questo
taglio metodologico, a una pluralità di nodi di storia militare, diplomatica e culturale. La
storia del sommergibilismo italiano tra le due guerre diventa, quindi, «un capitolo della
storia del regime», studiato nel concorrere di «inadeguatezze individuali» e «fallimenti
istituzionali su vasta scala» (p. 14).
Lo sviluppo dell’arma subacquea italiana viene ricostruito con grande perizia tecnica
e con una marcata attenzione agli aspetti strategici del problema. Nello specifico l’a.
analizza la marcata discontinuità con la tradizione navale precedente, quella dell’Italia
liberale, di una «flotta bilanciata», con l’impulso, dato dal fascismo, alla costruzione di
unità navali sottomarine, ritenute, pur con una lunga e complessa dialettica all’interno
della marina sulle questioni tecniche e strategiche, come lo strumento più efficacie nella
competizione con le grandi potenze navali europee, soprattutto alla luce della supremazia
anglofrancese in termini di navi da battaglia. I sommergibili, dunque, furono al centro
della strategia navale del fascismo, ma anche del messaggio modernista e futurista della
propaganda del regime.
L’a. ridimensiona l’immagine edulcorata di una marina neutrale se non «vittima»
del fascismo facendo emergere, invece, il suo ruolo di soggetto attivo e propulsore nella
costellazione di potere del regime, contribuendo a plasmare la strategia geopolitica soprattutto
dello spazio mediterraneo e a costruire la politica estera bellicista che avrebbe
trovato coronamento nella guerra d’Etiopia e nella partecipazione alla seconda guerra
mondiale.
Complessivamente l’articolazione interna del volume sembra eccessivamente sbilanciata
verso gli aspetti strettamente militari, sottovalutando in larga parte le implicazioni
produttive e industriali di un settore della cantieristica caratterizzato da un alto livello di
tecnologia produttiva e da maestranze qualificate. Allo stesso modo risultano trascurate
le relazioni tra navalmeccanica privata (precocemente contigua al fascismo), marina e
regime.

Antonio Farina