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I territori del patrimonio. Dinamiche della patrimonializzazione e culture locali (secoli XVII-XX)

Roberto Balzani (a cura di)
Bologna, il Mulino, 260 pp., € 17,50

Anno di pubblicazione: 2016

I processi di patrimonializzazione e valorizzazione delle «cose» del passato raramente
incontrano l’attenzione degli storici, in genere poco interessati a esplorare un terreno
ritenuto campo d’indagine esclusivo di altre discipline. Balzani rappresenta in questo
un’eccezione, impegnato com’è a sviluppare indagini proprie o a promuovere gruppi di
ricerca sul tema. Testimonianza ne è quest’ultimo volume, che raccoglie gli esiti di analisi
relative alle dinamiche proprie della tutela.
Nel saggio introduttivo, il curatore traccia alcune linee di distinzione tra i due fenomeni
indagati, riconoscendo al primo, la patrimonializzazione, la capacità di conferire quel
«sovrappiù di senso» (p. 12) a tracce del passato già individuate come beni da tramandare;
al secondo invece, la valorizzazione, l’ambizione di soddisfare esigenze legate a identità
individuali e collettive, alla crescita culturale di comunità variamente definite, al turismo.
L’intreccio tra i due fenomeni è difficile da districare, come dimostrano gli stessi saggi del
libro, in cui spesso l’attribuzione di valore alla «cosa» da conservare coincide con la sua trasformazione
in patrimonio: segno di un sovrapporsi di piani complesso e ambiguo.
Le sei aa. dei saggi tracciano un dialogo sulla tutela, partendo da temi e prospettive
diversi. Al mito di «Ravenna capitale» fa riferimento il lavoro di Pirraglia, che ripercorre
le narrazioni sviluppate dalla fine del ’500 sul passato romano e goto della città, desiderosa
di conservare il proprio antico primato. Un’ambizione simile è quella della Livorno
postunitaria dove, come spiega La Monica, valorizzare i Quattro Mori significava vincere
il senso di inferiorità vissuto nei confronti di altri centri toscani. Rafforzare invece i legami
interni alla comunità urbana è il compito della Madonna del Fuoco di Forlì, la cui
trasformazione in «magnete» culturale (p. 66) viene esaminata nel bel saggio di Pon che
indaga la costruzione di una «geografia sacra» fatta di spazi e rituali, ancora oggi importanti
nell’attivare l’appartenenza civica.
Di collezionismo privato ci parlano due contributi che chiariscono il legame tra
questa forma di tutela e l’istituzione di musei pubblici: i musei civici piemontesi, indagati
da Abram, e il «museo della Romagna» (la collezione Piancastelli), analizzato da Mazza.
In entrambi i casi la passione per l’arte e l’aspirazione di entrare a far parte della memoria
locale spinsero membri della società civile ad impegnarsi nella promozione di quelle che
divennero importanti istituzioni culturali. Passioni, interessi, ambizioni di singoli e gruppi
sono al centro del saggio di Quintavalle, che ricostruisce le tappe dell’ascesa di Corrado
Ricci ai vertici del sistema della tutela nazionale.
La pluralità di casi e approcci proposti dal libro ne fanno uno strumento utile ad
ampliare un settore di studi che molto ha ancora da rivelare, nella consapevolezza dell’importanza
che i processi di conservazione del passato hanno nel dar vita a saperi, identità
e rapporti sociali.

 Simona Troilo