Cerca

Identità nazionale e periferie imperiali. Il dibattito politico e intellettuale sulla questione ucraina nella Russia zarista

Giovanna Cigliano
Firenze, Edit, 2013, I, 1905-1914, 324 pp., € 20,00; 2014, II, 1914-1917, 417 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2015

Gli studi di Timothy Snyder hanno analizzato il complesso nodo delle relazioni
triangolari russo-polacco-ucraine nel contesto di un mondo imperiale e di frontiera, quale
lo spazio che si estendeva tra l’Impero zarista e l’asburgico. Ne è emerso come l’Ucraina
non fosse mai stata una qualunque periferia dell’Impero russo, per il particolare legame
tra due culture intimamente affini, la russa e l’ucraina, e per la storia comune che connetteva
la Russia ai territori della «riva destra» del Dnipro.
Tale è lo sfondo storico e culturale in cui si sviluppa la narrazione di questi due
tomi, che ricostruiscono, a partire dalla stampa quotidiana, dai dibattiti alla Duma, dalla
vita delle organizzazioni politiche e culturali, dall’attività editoriale, il dibattito politico
e intellettuale che si svolse tra la Rivoluzione del 1905 e la fine del regime zarista sulla
questione nazionale ucraina.
In tale tornante storico le élite culturali sia russe sia ucraine si interrogavano sul
ruolo dell’Ucraina all’interno del mondo slavo orientale, in un dibattito che suscitava uno
spettro di posizioni differenti. A due poli estremi erano, da un lato, la visione imperiale
panrussa e, dall’altro, la prospettiva di un’identità nazionale ucraina distinta da quella russa.
In mezzo stava una gamma di sfumature diverse, che sfugge a semplificazioni. Ne è un
esempio il pensiero di Mychajlo Hruševs’kyj, la cui biografia è espressione delle vicende
di un mondo di frontiera: nato a Cholm, all’epoca parte del Regno di Polonia incorporato
nell’Impero russo, compì i suoi studi a Kiev, ma andò a insegnare all’Università di
Leopoli, dove elaborò l’idea della Galizia orientale asburgica quale «Piemonte ucraino».
Considerato il principale artefice «della decostruzione della narrativa imperiale russa e
della costruzione di quella ucraina» era lontano dalla concezione di uno Stato ucraino
indipendente, ma piuttosto sostenitore di un ideale federalista, che immaginava l’Impero
zarista trasformato in una «libera unione di popoli» (I, pp. 25-26).
L’appartenenza etnica ucraina non sempre, tuttavia, si traduceva nella rivendicazione
di un’identità nazionale alternativa alla russa. Come mette in luce l’a., i deputati alla
Duma di orientamento moderato e conservatore provenienti dai territori sud-occidentali,
espressione dell’élite russificata dei proprietari terrieri, si pensavano al tempo stesso come
russi e piccolo-russi piuttosto che come ucraini.
Inoltre, la formazione dell’identità ucraina mise in discussione anche quella russa,
che alcuni intellettuali, quali Michail Katkov, già dalla repressione dell’insurrezione polacca
del 1863 avevano iniziato a concepire in termini «nazionali», in maniera distinta dal
discorso «imperiale».
La cifra della complessità utilizzata dall’a. aiuta a comprendere, come lei stessa sintetizza
nell’epilogo, «le radici storiche dei problemi oggi venuti drammaticamente in primo
piano con il deterioramento dei rapporti russo-ucraini» (II, p. 372).

 Simona Merlo