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Igor Pellicciari – Tra decidere e rappresentare. La rappresentanza politica dal XIX secolo alla legge Acerbo – 2004

Igor Pellicciari
Soveria Mannelli (Cz), Rubbettino, pp. 170, euro 12,00

Anno di pubblicazione: 2004

Inserito nella collana ?Università? dell’editore Rubbettino e contenuto in sole 170 pagine ? le tipiche dimensioni di uno dei tanti manuali destinati all’università riformata ?, il volume ha invece un carattere ibrido e non facilmente etichettabile. Non opera di sintesi organica e in sé compiuta, né lavoro originale di ricerca, ma un po’ le due cose insieme, con un risultato complessivo che non appare del tutto soddisfacente.
Nella prima parte l’autore analizza rapidamente il concetto di ?rappresentanza? nell’Ottocento, soffermandosi sui tratti distintivi della transizione dallo Stato assoluto a quello liberale, e sul processo di democratizzazione e di allargamento delle basi di partecipazione popolare che caratterizzò la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. L’attenzione si concentra sul dibattito teorico e, per quanto riguarda più direttamente l’Italia, sull’evoluzione del sistema elettorale. Il quadro di riferimento è offerto per lo più dalla storiografia costituzionale e amministrativa, mentre vengono trascurati alcuni significativi contributi della più recente storiografia politica sul periodo, che avrebbero potuto offrire coordinate essenziali per una più approfondita comprensione dei problemi. Sarebbe stata utile, per esempio, un’analisi strutturale del sistema politico e della sua articolazione tra forze legittimate a governare e forze antisistema. Così come avrebbe giovato uno sguardo ad alcuni studi sulle formazioni politiche della sinistra democratica e repubblicana, dai quali si evince che non mancarono affatto forme di mobilitazione della società civile per richiedere l’allargamento dei diritti politici e l’estensione del suffragio. Basti pensare ai comizi e ai meetings del 1880-81, che dettero una spinta decisiva all’iter di approvazione della riforma elettorale del 1882.
Nessun accenno viene fatto al dibattito sulla rappresentanza e sul sistema politico che si sviluppò in Italia durante la crisi di fine secolo e nell’età giolittiana. All’autore preme giungere al suo vero oggetto di interesse, che sono i progetti di riforma dello Stato e dei meccanismi di rappresentanza nella crisi postbellica, dall’introduzione della proporzionale nel 1919 al varo della legge Acerbo nel 1923. A questi temi sono dedicati tre dei quattro capitoli di cui è composto il libro, che ne avrebbe guadagnato in chiarezza se ciò fosse stato enunciato fin dal titolo. Si tratta della parte più originale e meglio riuscita che, pur non apportando novità di particolare rilievo, ha il pregio di ricostruire la posizione delle principali forze politiche attraverso lo spoglio di alcune riviste («Critica Sociale», «L’Ordine Nuovo», «Il Soviet», «Nuova Antologia», «Rassegna Nazionale») e degli atti parlamentari. Vi trova conferma la tesi della sostanziale ininfluenza della proporzionale nel determinare il crollo del sistema liberale, mentre la gestazione della legge Acerbo viene almeno in parte ricondotta al dibattito trasversale a varie forze politiche sulla necessità di una riforma elettorale che garantisse una più solida maggioranza parlamentare.

Fulvio Conti