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Il cane a sei zampe sullo schermo. La produzione cinematografica dell’Eni di Enrico Mattei

Elio Frescani
Napoli, Liguori, 178 pp., € 16,99

Anno di pubblicazione: 2014

Il volume, frutto di una tesi di dottorato in Storia contemporanea discussa presso
l’Università di Salerno, è un attento studio dei documentari realizzati dalla principale
compagnia petrolifera italiana, l’Eni, tra gli anni ’50 e gli anni ’60 del ’900. Come sostiene
l’a. nell’introduzione, grazie all’apertura dell’archivio storico dell’Eni è oggi possibile
ricostruire aspetti sinora assai poco conosciuti, non solo della storia aziendale, ma anche
di quella dell’Italia repubblicana tout court.
Basandosi su di un’ampia storiografia, che negli ultimi anni ha prestato una crescente
attenzione allo studio dei mass media, e in particolare del cinema d’impresa, il libro presenta,
in maniera dettagliata e sulla base di un attento studio delle carte d’archivio, alcuni
tra i più importanti documentari dell’Eni, da Ritratto di una grande impresa, a Gela antica
e nuova, a L’Italia non è un paese povero, agli assai meno noti Oro nero sul Mar Rosso e Ch4
in Lucania. Per realizzarli, l’azienda statale costituì un Ufficio cinema che, sotto la direzione
di Pasquale Ojetti, collaborò con alcuni tra i più grandi registi dell’epoca: Bernardo
Bertolucci, Valentino Orsini, Paolo e Vittorio Taviani, Joris Ivens e Gillo Pontecorvo.
Negli anni della presidenza di Enrico Mattei l’Eni comprese l’importanza della comunicazione
di massa nella società contemporanea, presentando le proprie attività nei
cinema, nelle fiere e a livello internazionale, soprattutto nei paesi produttori e in Unione
Sovietica. I documentari dell’Eni costituiscono una fonte di grande importanza, che l’a.
mette costantemente in rapporto alle altre forme di comunicazione adottate dall’azienda,
dalla rivista «Il Gatto Selvatico», ai discorsi di Mattei, al quotidiano «Il Giorno». Come
scrive Pierre Sorlin nella prefazione, essi «aprono una finestra su un paese in piena mutazione,
alle soglie di una rapida crescita industriale e di uno sconvolgimento dei consumi»
(p. XVI).
Il volume aggiunge un importante tassello agli studi sinora pubblicati sulla comunicazione
aziendale e sulla storia dell’Eni. Alcune questioni rimangono sullo sfondo ed
è un peccato che non siano state analizzate in maniera più approfondita. Sebbene l’a.
includa numerosi documentari, non è interamente chiaro il criterio in base al quale siano
stati scelti, né il motivo per cui non siano stati presi in considerazione film altrettanto
importanti, come quelli di Gilbert Bovay o di Bernardo Bertolucci. Inoltre, sarebbe stato
forse necessario contestualizzare meglio il caso dell’Eni all’interno di un quadro più ampio,
caratterizzato dalla presenza di Uffici cinema nelle principali aziende del periodo, un
aspetto che è solo accennato nel volume. In questo modo, l’a. avrebbe potuto valutare meglio
l’originalità (o meno) dell’azienda petrolifera, e il suo contributo al variegato mondo
delle relazioni pubbliche e della comunicazione di massa. Non da ultimo, sarebbe stato
importante includere una conclusione che tirasse le fila di un lavoro che rimane in ogni
modo solido dal punto di vista della ricerca d’archivio e costituisce un importante stimolo
a ricerche future sul tema.

Elisabetta Bini