Cerca

Il Codice di Camaldoli. La Dc e la ricerca della «terza via» tra Stato e mercato (1943-1993)

Alessandro Angelo Persico
Milano, Guerini e Associati, 283 pp., € 23,50

Anno di pubblicazione:

Il volume ripercorre la storia della Dc dalla particolare ottica della distanza o meno
della sua azione dal Codice di Camaldoli, il documento sui principi dell’ordinamento sociale
che fu elaborato a partire dal 1943 per essere pubblicato nel 1945, e che rappresentò
una forma dottrinale evoluta per le domande di rinnovamento sociale che segnavano
l’epoca. In esso diverse esperienze si travasarono per delineare una possibile «terza via»
sociale allo sviluppo, temperando le spinte del mercato e facendo dello Stato un attore
essenziale delle politiche di crescita.
L’a. ripercorre le premesse culturali, le varie fasi della preparazione e della redazione
del documento che vide tra i maggiori protagonisti Sergio Paronetto e Pasquale Saraceno.
E proprio la testimonianza di quest’ultimo, al quale l’a. aveva già dedicato un precedente
lavoro, rappresenta il riferimento che sostiene l’interpretazione secondo la quale il Codice
non avrebbe avuto particolare influenza sui lavori della Costituente, e sarebbe poi stato
sostanzialmente accantonato negli anni del centrismo degasperiano per mantenere alla
Dc il consenso delle forze moderate.
Lo spirito del Codice riemerse nella politica di piano di Ezio Vanoni, ma non fu
mai tradotto in misure concrete di programmazione economica. Esso sarebbe tornato in
auge nel corso nella preparazione del centro-sinistra, quando Moro avrebbe messo a tema
«il completamento del processo risorgimentale, attraverso l’unificazione economica del
paese» (p. 196). In quella stagione Saraceno venne coinvolto da Moro nella prospettiva
di una pianificazione, che ponendosi nella linea del Codice, fosse tesa ad allargare l’area
democratica del paese attraverso l’inserimento del Mezzogiorno nell’economia nazionale.
Questo per Moro sarebbe dovuto avvenire «senza creare cesure con il passato degasperiano
» (p. 208). Il volume si sofferma sulla fragilità del progetto di Moro, che viene descritto
come fallimentare perché a partire dal suo secondo governo dell’estate 1964 il programma
riformista fu ridimensionato. In quel caso Saraceno criticò la scelta di subordinare la politica
di sviluppo a quella monetaria.
Secondo l’a., solo «alla fine degli anni Settanta, dopo un silenzio lungo trent’anni,
gli studi sulla formazione della classe dirigente democristiana riportarono alla luce il
Codice di Camaldoli» (p. 247). Questo avveniva «mentre il modello di sviluppo avviato
dal centro-sinistra sembrava aver fallito nel guidare il processo di modernizzazione del
paese» (p. 247). E man mano che la Dc si avvitava in una crisi dettata anche dal mancato
ricambio generazionale, il tentativo di riappropriazione del Codice ne avrebbe provocato
una qualche mitizzazione, mentre Saraceno continuava a sostenere che fosse necessario
compiere una sincera autocritica per riconoscere e considerare «lo scarto tra gli ideali
proposti e le scelte compiute» (p. 257).
L’indice dei nomi non comprende quello degli autori, a meno che non siano citati
nel testo, e la scelta priva il lettore di uno strumento utile, soprattutto a fronte di un apparato
critico ricco e significativo

 Augusto D’Angelo