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Il farsi di una grande impresa. La Montecatini fra le due guerre mondiali

Mario Perugini
FrancoAngeli, 2014, 362 pp., € 40.00

Anno di pubblicazione: 2015

Tema solo parzialmente scandagliato, nonostante la decisa crescita degli studi di storia d’impresa e la qualità degli studiosi che con essa si sono cimentati, la vicenda del- la Montecatini, nel ventennio successivo alla Grande guerra, è rimasta per molti versi inesplorata. Inesplorata, ovviamente, per alcuni aspetti, in parte attribuibili alla man- canza di un archivio aziendale, in parte alle prospettive analitiche adottate, in parte alla complessità del percorso societario e alla maggior attenzione riservata (anche per ragioni politico-giudiziarie) ai suoi esiti ultimi. Grazie alla possibilità di accedere – in tempi più recenti – ad archivi pubblici e privati, a un robusto impegno di scavo sul periodo tra le due guerre rimasto a lungo in ombra, all’inclusione nell’indagine delle ricadute industriali e tecnologiche delle politiche del fascismo, l’a. ha colmato un vuoto conoscitivo.
Nata nel 1888 in Val di Cecina, la Montecatini aveva avviato la sua attività nel settore industriale con la coltivazione di un giacimento di rame, procedendo per anni stentatamente, almeno sino a quando, nel 1910, Guido Donegani ne diviene prima am- ministratore delegato e poi presidente (1918) e la società entra nel settore della chimica. Da allora, e diversamente da altre grandi imprese italiane dell’epoca, l’azienda inizia a espandersi «con un ritmo più accelerato e per linee esterne, attraverso un insieme di fusioni e acquisizioni fortemente concentrate nel tempo che modificano rapidamente l’impresa originaria» (p. 23) e attraverso un rapporto decisivo con la Comit; un ritmo che, all’appuntamento col 1946, la riconoscerà «prima fra le società italiane in campo minerario e in quello chimico» (p. 354).
Bastano questi elementi a far comprendere come la ricostruzione del processo che conduce la Montecatini all’affermazione in campo nazionale (e non solo), fosse destinata a incontrare molti ostacoli. La tessitura narrativa e argomentativa del volume ha infatti dovuto tener conto di un intreccio di questioni complesse e ha necessitato di competenze specialistiche, che a volte hanno anche e inevitabilmente appesantito la lettura. L’a. docu- menta, ricostruisce e discute l’importanza del finanziamento bancario nel successo e nello slancio iniziale, la superiorità tecnologica e organizzativa dell’azienda nel campo dell’azo- to sintetico, i non facili rapporti con l’Iri, e – soprattutto – i legami con il potere politico e con gli obblighi che esso impose. Rispetto a quest’ultima questione, il volume offre una rilettura interessante, distaccandosi parzialmente dai tradizionali schemi interpretativi del capitalismo italiano durante il periodo fascista, introducendo aspetti sottovalutati e recu- perando la complessità di un legame Montecatini/fascismo che, seppur forte e indiscusso, viene qui arricchito di sfumature e articolazioni.
Il tema corposo – nel duplice senso del contenuto e delle pagine – si è giovato di una scrittura fluida, non comune per un lavoro che nasce come tesi di dottorato ma che fa trapelare un tempo lungo di gestazione e approfondimento.

Rosa Scatamacchia