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Il focolare elettronico. Televisione italiana delle origini e culture di visione

Cecilia Penati
prefazione di Aldo Grasso, Milano, Vita e Pensiero, XVIII + 202 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2013

Cecilia Penati, studiosa della comunicazione, svolge attività di ricerca e didattica all’Università Cattolica di Milano. Il libro, che nasce dalla sua tesi di dottorato, si propone come «un primo contributo alla mappatura delle diverse culture di visione che hanno caratterizzato i primi anni di esistenza della TV, e dei percorsi attraverso i quali la televisione si è affermata in Italia come un medium domestico» (p. XIII). Una storia culturale della televisione italiana, insomma, che ne prende in esame la fase aurorale, dall’inizio delle trasmissioni regolari nel 1954 fino al 1960.
A una corposa parte introduttiva dedicata all’esposizione dei presupposti teorici e metodologici e degli obiettivi della ricerca, seguono due capitoli che ne presentano gli esiti. Intrecciando l’analisi dei discorsi sulla TV e delle rappresentazioni del nuovo medium veicolati dalla stampa quotidiana e periodica, dalla pubblicistica specializzata, dalla pubblicità e dalla televisione stessa con i ricordi degli spettatori raccolti attraverso interviste di storia orale, il volume ricostruisce «il percorso di addomesticamento della televisione» (p. 177), ovvero il passaggio dalle prime forme di fruizione collettiva nei locali pubblici o nelle case dei «pionieri» del piccolo schermo a una «cultura di visione domestica e individuale» (p. 77), che però, si potrebbe obiettare, in quegli anni tanto individuale ancora non era. In particolare, l’attenzione è concentrata sulle retoriche e i repertori discorsivi costruiti intorno alla televisione delle origini, che l’a. indaga passando in rassegna e decodificando le immagini associate al piccolo schermo e i significati ad esso attribuiti da attori come la Rai, le aziende produttrici di apparecchi elettronici e la stampa popolare.
Questo dei discorsi sulla TV è l’aspetto affrontato in modo più esteso e convincente, grazie all’uso intelligente di un’ampia documentazione che include, insieme a testi scritti e materiale illustrato, anche i telequiz condotti da Mike Bongiorno e Mario Riva. Risultano invece meno approfonditi le esperienze di visione e l’impatto della TV sulla vita domestica e la quotidianità degli spettatori. La ricerca si muove nel solco e in un costante dialogo con la letteratura prevalentemente anglosassone dei Television studies, richiamata sin dal titolo che riprende quello di un libro di Cecelia Tichi. Se da un lato ciò contribuisce ad arricchire l’analisi anche in chiave comparativa, dall’altro ne determina un certo schiacciamento sulla prospettiva statunitense, la cui realtà però si discostava sotto diversi aspetti da quella italiana. Agli occhi degli storici potranno forse apparire troppo schematiche alcune considerazioni sul contesto degli anni ’50 o sulla «veridicità» delle fonti. Dato il rilievo della documentazione illustrata, inoltre, il volume avrebbe senz’altro beneficiato di un apparato iconografico. Ciò non inficia comunque il valore di un lavoro originale che illumina efficacemente un versante cruciale ma finora rimasto sostanzialmente in ombra della storia della televisione italiana.

Bruno Bonomo