Cerca

Il governo dell’acqua. Romagna Acque-Società delle Fonti dalle origini ad oggi (1966-2016)

Alberto Malfitano
Bologna, il Mulino, 247 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2016

In una ricerca ben documentata l’a. ricostruisce un segmento della storia territoriale
della Romagna: territoriale nel senso che in essa viene ricomposto l’insieme delle azioni
economiche, sociali, tecniche di produzione dello spazio antropizzato. E in Emilia-Romagna,
nel corso dei secoli, il governo delle acque ha plasmato il ridisegno della morfologia
e le relazioni di potere. Il tema trattato concerne un argomento limitato nel tempo e nello
spazio: la progettazione, e poi la costruzione, di un invaso che intercetta, in zone isolate
della Romagna toscana, il fiume Bidente e il Rio Celluzze con una diga ad arco gravità di
100 metri, in grado di contenere 33 milioni di m3 di acqua e tale da creare un bacino in
collina a 500 metri atto a fornire acqua potabile soprattutto ai centri urbani della Romagna
fino alla costa.
Siamo dunque in un contesto diverso da quello classico di pianura del governo delle
acque emiliano-romagnole: prosciugamento delle paludi o difesa dalle esondazioni e
inondazioni fluviali. La scelta di realizzare questa imponente infrastruttura si è intrecciata
con vicende di politiche territoriali-amministrative, la cui ricostruzione richiama situazioni
ripetutisi in parecchie altre realtà.
In particolare, le amministrazioni cittadine e provinciali si sono trovate nella necessità
di coordinarsi per un impegno di vasta area che metteva in discussione equilibri e poteri
consolidati. Ben ricostruita è proprio la maglia di tali relazioni che si intrecciavano sia a
livello orizzontale fra i centri cittadini romagnoli (Forlì, Ravenna, Rimini e Cesena), sia
sempre di più a livello verticale con la regione e il governo centrale, nonché con le forze
politiche in quest’area triplici (Dc, Pci, Pri).
La consultazione di archivi delle società imprenditrici e delle amministrazioni, unita
alla lettura della stampa locale, ha consentito all’a. di decodificare l’insieme del tessuto
relazionale e di mediazione attivato per portare a termine l’opera fra 1974 e 1982, non
senza un ben più prolungato impegno tenace o quasi ostinato. Sullo sfondo si scorge
anche la vicenda parallela, e forse concorrenziale, del Canale emiliano-romagnolo, opera
irrigua di pianura: ma questa è un’altra storia.
Personalmente ho letto con particolare interesse le pagine sull’impatto dei movimenti
di terra legati ai lavori, dalla scelta delle cave, alla localizzazione degli inerti, alla
manomissione delle strade: aspetti quasi sempre sottovalutati nelle grandi opere e invece
importantissimi per comprendere il dissesto idrogeologico, problema primo del nostro
paese. Un buon libro da studiare come esempio metodologico per gli amministratori locali
e i cosiddetti decisori politici. Un po’ di cartografia (oggi autoproducibile senza troppe
difficoltà e spesso assai illuminante) e, negli indici dei nomi, l’inserimento di quelli geografici
non sarebbe stato male: perché questo può essere un libro da usare praticamente
anche da chi governa (?) il territorio.

 Teresa Isenburg