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Il grande declino. Come crollano le istituzioni e muoiono le economie

Niall Ferguson
Milano, Mondadori, 144 pp., € 17,00 (ed. or. London, 2013, trad. di Carla Lazzari)

Anno di pubblicazione: 2013

Il grande declino del titolo è, ovviamente, quello del mondo occidentale, una questione che sta molto a cuore al prolifico storico scozzese, il quale ha raccolto in questo volume le Reith Lectures del 2012, quattro conferenze offerte dalla Bbc sul canale Radio 4. Ferguson afferma che la depressione economica iniziata nel 2007 è soltanto un aspetto, molto evidente, di una tendenza che, se protratta, agevolerà fatalmente la «riconvergenza» del resto del mondo con l’Occidente. E si chiede come sia possibile che, dopo secoli di crescita economica e di predominio politico e culturale, lo spettro dello «stato stazionario» di smithiana memoria torni a incombere minaccioso su Europa e Stati Uniti. La sua risposta sta nella progressiva degenerazione delle istituzioni che hanno fatto grande l’Occidente (in realtà l’a. fa soprattutto riferimento ai paesi anglosassoni) e cioè: la democrazia rappresentativa, il libero mercato, il governo della legge e la società civile. Per Ferguson, in primo luogo le nostre democrazie hanno rotto ciò che Burke ha definito il «patto fra le generazioni», scaricando il peso della crisi attuale su quelle future; inoltre l’eccessiva, ed errata, regolamentazione dei mercati complica inutilmente l’attività economica, mentre il sistema legislativo un tempo basato sul rule of law (la regola della legge) ora assomiglia sempre più a uno fondato sul rule of lawyers (la regola dei legulei); infine la dinamica società civile di un tempo, per Tocqueville uno dei fondamenti della democrazia americana, è degenerata in una società «incivile» in cui all’associazionismo e alla cooperazione si è sostituita la delega allo Stato leviatano per la soluzione di tutti i problemi. L’approccio istituzionalista pone quindi l’a. in una linea di ricerca che accomuna sempre più numerosi studiosi di economia e di scienze sociali i quali, sulla scorta di D.C. North e D. Acemoglu, tendono a rivalutare il contributo della storia e delle componenti sovrastrutturali: l’evoluzione della configurazione del potere e delle norme – ovvero della politica – acquisisce (almeno) la stessa dignità della geografia, della tecnologia, dell’ambiente e delle forze di produzione nello spiegare lo sviluppo economico e le attuali strutture sociali.
Da tempo ormai Ferguson ha scelto con indubbio successo la strada della divulgazione e della provocazione intelligente: la nostalgia dell’epoca in cui un potere egemone (o una chiara contrapposizione di poteri, come durante la guerra fredda) faceva funzione di «prestatore di ultima istanza» nella politica mondiale – fornendo certezze, salvaguardando una per quanto precaria stabilità e assicurando sviluppo – fluisce in un’analisi impietosa del presente, una durissima accusa alle classi dirigenti e all’attuale politica americana, nella quale tuttavia la vis polemica e la propaganda sembrano prendere il sopravvento sulla ricerca empirica

Pier Angelo Toninelli