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Il melodramma della nazione. Politica e sentimenti nell’età del Risorgimento

Carlotta Sorba
Roma-Bari, Laterza, VII-266 pp., € 28,00

Anno di pubblicazione: 2015

In questo volume culmina un lungo percorso di studi dedicato dall’a. al teatro nel XIX secolo. Con un linguaggio aereo e comunicativo, essa segue l’emersione di un canone melodrammatico che trovò nel Quarantotto il punto più alto di espressione e identifica le origini di quel processo di drammatizzazione della politica nel teatro di boulevard sorto a Parigi alla fine del ’700. La prima parte del libro è dedicata all’analisi di questa forma di teatro popolare che ebbe in tutta Europa un successo travolgente destinato a durare fino agli anni ’30. Misto di canti, balli, pantomime, il teatro di boulevard inventò il me- lodramma, rappresentazione artistica a carattere popolare che incontrò poi la tradizione del teatro pedagogico divenendo così terreno di apprendistato politico e di formazione della cittadinanza.
La tesi del libro è che il melò dei teatri di boulevard fu l’archeologia delle narrazioni ottocentesche della nazione. Esso era una «fabbrica di sentimenti», che si rivolgeva a un vasto pubblico con un linguaggio semplificato basato sull’esasperazione delle emozioni, nel quale si riverberava il lascito del periodo rivoluzionario, ossia una visione del mondo in cui non vi era spazio per l’ambiguità, i buoni erano premiati e i cattivi puniti. Il melò sparì come forma teatrale quando il melodramma si scompose in due filoni: il dramma romantico – di tipo autoriale – e la commedia vaudeville – di tipo popolare; ma rimase come dispositivo narrativo ed espressivo che dal teatro passò nella letteratura e nella vita sociale e politica. In forza di questo transfert culturale fu la politica a esprimersi in modo teatrale e usare un linguaggio melodrammatico.
Questa tematica, affrontata in modo settoriale dalla storiografia britannica, è svilup- pata dall’a. su più piani, nella seconda parte del libro, in relazione al contesto italiano. Il melò influenzò sia la narrazione dell’Italia oppressa che il linguaggio patriottico del Quarantotto, emotivo e sentimentale. Ma fu anche la politica a farsi melodramma, a teatralizzare gesti e azioni per raggiungere un pubblico più vasto, come avevano già capito i contemporanei che assistettero in Europa alle proteste e alle forme rituali ed evocative messe in scena dalla propaganda patriottica (feste, cortei, pellegrinaggi, banchetti ecc.) e che si convinsero che il Quarantotto fosse una rivoluzione teatrale.
Il canone melodrammatico non superò il 1849, quando la repressione interruppe quel profluvio di azioni, gesti, parole; ma non per questo si esaurì. Esso è riemerso periodi- camente in Italia come forma narrativa incentrata sui sentimenti per esaltare le gesta della nazione e strumento di mobilitazione basato sulla commozione collettiva. Il riferimento al presente è d’obbligo e l’a. ne accenna nelle conclusioni riferendosi alla scena teatrale del nuovo millennio governata da pubblici vergognosamente emotivi e da rappresentazioni della realtà giocate sull’estremismo dei sentimenti e delle emozioni. Il passaggio da un canone melodrammatico nobile a quello spazzatura è una storia di sedimenti archeologici e di degenerazioni discorsive ancora da scrivere. Questo libro ne è la premessa.

Maria Malatesta