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Il nazionalsocialismo. Storia di un’ideologia

Nicolao Merker
Roma, Carocci, 295 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2013

Lo storico della filosofia Merker, studioso del pensiero tedesco (dall’illuminismo
al marxismo), ha dedicato la sua ultima fatica a un sintetico excursus su alcuni aspetti
dell’ideologia nazionalsocialista. Alcuni aspetti, perché il titolo, che promette una storia
generale dell’ideologia hitleriana (uno dei motivi di successo del movimento nazionalsocialista),
in effetti è tradito dal contenuto del saggio. Vengono sottolineati alcuni aspetti e
altri no, con una scarsa sistematicità. Alcuni aspetti (come quello della leadership carismatica,
quello delle visioni geopolitiche o quello della concezione dello Stato) sono oggetto
di acute osservazioni, nelle quali l’a. mescola riferimenti dottrinari anche remoti e cenni
alla prassi della dittatura. Altri elementi vengono invece solo sfiorati. Così, sorprende la
scarsa attenzione nei confronti dell’antisemitismo e della visione razziale in generale.
D’altra parte, non è necessariamente una manchevolezza dell’a., studioso di primo
piano della cultura tedesca otto-novecentesca. Piuttosto, lo stesso oggetto della sua analisi
è sfuggente e sfaccettato. Non è un caso, mi sembra, che dopo il fondamentale studio
di Mosse (Le origini culturali del Terzo Reich), che risale al 1968, ben pochi si siano azzardati
su questo terreno. A meno di non voler dar credito alla teleologia del Sonderweg
germanico – una prospettiva che la storiografia internazionale ha da tempo relegato in
soffitta – il movimento nazionalsocialista è assai composito, anche dal punto di vista culturale
e ideologico. Le sue svariate componenti si richiamano a motivi ideologici spesso
molto diversi fra di loro; lo stesso razzismo è declinato in modo differente a seconda della
prospettiva che si assume. E ormai anche il riferimento centrale a Hitler e al Mein Kampf
risulta superato dai riscontri empirici.
Perciò, il saggio presenta alcuni interessanti squarci sull’intreccio fra presupposti
culturali, manie ideologiche e attività pratiche del regime in specifici ambiti. Da questo
punto di vista esso appare per molti versi interessante. Tuttavia, soprattutto perché frutto
di uno studioso molto esperto, non possiamo non evidenziare alcuni limiti del saggio
stesso. Da un lato una forte episodicità e disomogeneità, dall’altro alcune sorprendenti
lacune bibliografiche. Non è possibile che Merker non citi mai gli studi di Mosse! Forse
è un vezzo, che lo studioso affermato potrebbe permettersi. Ma un vezzo che non aiuta il
lettore nell’orientarsi. Così come – mi sia permesso osservarlo – sembra che non ci siano
studiosi italiani che si sono occupati di questi temi. Collotti viene citato solo con una
raccolta di documenti (vecchia, anche se certo importante). Lo scrivente: non pervenuto!
Spiace fare un’osservazione del genere, ma Merker tratta temi (come l’ideologia del Blut
und Boden) alla quale chi scrive ha dedicato anni di studi e numerose pubblicazioni, anche
internazionali.
Infine, risultano poco comprensibili le ultime pagine in cui Merker traccia un nesso
con la neo-destra dei giorni nostri; il legame fra l’ideologia nazionalsocialista e i populismi
d’oggigiorno rimane vago.

Gustavo Corni