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Il Ventennio dei ventenni

Carlo Dilonardo
Roma, Aracne, 204 pp., € 12,00

Anno di pubblicazione: 2014

L’a. inizia la sua narrazione con una lunga introduzione, forse troppo prolissa e poco sincronica, almeno in questa parte del volume, con il tema della sua ricerca: l’analisi delle posizioni politico-culturali dei giovani ventenni che non vissero l’esperienza della prima guerra mondiale e non parteciparono, pur aderendo, all’avvento del regime fascista in Italia.
Nel primo capitolo, Educare i giovani: fascistizzare i futuri italiani, l’a. espone sinteticamente le interpretazioni che la storiografia più avveduta ha dedicato al tema preso in esame e analizza, anche se non sistematicamente, il pensiero di Mussolini sull’arte, nonché l’atteggiamento che, secondo il duce, lo Stato avrebbe dovuto tenere nei suoi confronti. Il volume dedica ampio spazio alle concezioni che i giovani fascisti svilupparono dell’arte e della funzione che in uno Stato totalitario avrebbero dovuto svolgere gli intellettuali, con un’attenzione particolare ai letterati e al teatro.
Nel secondo capitolo, Percorsi «della» e «per» la cultura, l’a. analizza approfonditamente i due manifesti degli intellettuali fascisti e antifascisti, sottolineando le diverse impostazioni del rapporto politica-cultura. In questo capitolo, si approfondisce inoltre l’idea di cultura di Giuseppe Bottai il quale, insieme a Pellizzi e allo stesso Mussolini è, secondo l’a., il più empatico rispetto alle esigenze di rinnovamento della cultura avanzate dai giovani fascisti.
Nel terzo capitolo, il più riuscito e originale, intitolato La parola alle riviste giovanili, l’a. analizza con sistematicità, attraverso le principali riviste – non solo universitarie –, le posizioni politico-culturali di questi giovani. Il volume, in questa parte, illustra vividamente le inquietudini di questi giovani, che avevano origine dal conflitto tra l’atteggiamento fideistico assunto nei confronti del capo carismatico e il desiderio di vivere con maggiore libertà il loro rapporto con il fascismo e i fascisti. Tra le molte riviste analizzate spiccano quelle di carattere letterario, artistico e filosofico come «Il Saggiatore», «Il Cantiere», «La Penna dei ragazzi». Tra le fonti utilizzate in questo capitolo, oltre quelle a stampa, sono le interessanti dichiarazioni di un testimone del tempo, Armando Ravaglioli. Particolare attenzione infatti è qui dedicata all’analisi del rapporto tra politica e cultura in personalità di grande rilievo artistico come Silvio D’Amico e Giorgio Strehler.
Nell’ultimo capitolo, Una difficile rinascita, l’a. delinea i tormentati percorsi, poco studiati, del movimento artistico legato al quindicinale «Vita Giovanile», fondato da Ernesto Treccani, che annoverava tra i collaboratori Renato Birolli e Luciano Anceschi. Attraverso lo studio di questa rivista anticonformista, che non aveva rapporti con i Guf e con il Pnf, l’a. mostra le difficoltà di questi giovani a uscire dalla temperie culturale del fascismo nel momento in cui questo, a causa della guerra, cessava di vivere, ma anche la ricchezza e intensità del dibattito culturale che il regime totalitario, malgrado tutti suoi mali, era stato in grado di suscitare in questi ventenni.

Davide Grippa