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Il vicerè socialista. Giuseppe De Felice Giuffrida Sindaco di Catania

Giuseppe Astuto
Acireale-Roma, Bonanno, 328 pp., € 28,00

Anno di pubblicazione: 2014

Il volume costituisce il primo profilo organico del socialista catanese, protagonista, a cavallo tra ’800 e ’900, della scena politica regionale, sia come animatore dei Fasci siciliani che come deputato nazionale e sindaco del capoluogo etneo.
Gli otto capitoli che compongono il volume vanno aldilà dell’ambito comunale e analizzano anche la parabola dei Fasci siciliani (capp. 3-5), dalla loro costituzione al processo del 1894 che condannò pesantemente tutti i dirigenti del movimento. Tuttavia, il cuore del volume si sofferma sulle dinamiche di conquista e gestione del potere locale da parte delle coalizioni defeliciane lungo un trentennio abbondante.
L’a. sottolinea come la consolidata storiografia sulla Catania del periodo non abbia «ancora dato una risposta convincente sulla lunga durata dell’esperienza amministrativa defeliciana» (p. 21). La chiave esplicativa è individuata nel rapporto tra centro e periferia, e in particolare nelle relazioni istituzionali e politiche tra potere centrale e organi locali, con la figura del prefetto che diviene decisiva per giungere a un difficile allineamento tra i diversi esecutivi e le giunte popolari ispirate da De Felice.
La ricerca si basa in gran parte sulle relazioni prefettizie e sulle Carte Crispi, consultate presso diversi archivi nazionali e con le quali l’a. ha già maturato una certa familiarità in virtù d’importanti ricerche precedenti.
Dapprima sono passate in rassegna la formazione politico-culturale di De Felice, i suoi rapporti ambivalenti col socialismo nazionale e le prime esperienze come consigliere comunale. Il passaggio decisivo dal democratismo postrisorgimentale alla genesi del socialismo municipale defeliciano si ha con la legge sull’elettività dei sindaci del 1889.
Tale spartiacque consente allo schieramento popolare di ottimizzare elettoralmente i consensi delle masse popolari, nelle tornate locali come in quelle politiche. Dal 1889 – anno della prima giunta defeliciana – sino alle parlamentari del 1919 – De Felice morirà nel 1920 – vengono descritti dettagliatamente tutti gl’intricati meccanismi alla base dei flebili cartelli elettorali in competizione. In questo quadro molto instabile, in cui le giunte si compongono e ricompongono freneticamente, la strategia politica di De Felice passa attraverso una collocazione pianificata di uomini a lui fedeli nei posti chiave, come nella composizione dei collegi elettorali. Le accuse di gestione dissennata e clientelare delle finanze pubbliche sono all’ordine del giorno e sono spesso strumentalizzate politicamente da tutte le fazioni in campo. Tali denunce porgono il fianco a scioglimenti delle giunte comunali imposti dall’esecutivo attraverso l’azione dei prefetti o il condizionamento della Giunta amministrativa provinciale.
L’a. conferma l’esigenza di leggere tali vicende non esclusivamente come la manifestazione di prassi amministrative disinvolte, ma come un tentativo di guidare, attraverso la creazione di un fronte interclassista che univa proletariato e piccola borghesia urbana, i processi di modernizzazione di una città in una fase di espansione caotica, ma al contempo dinamica.

Giovanni Cristina