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Imperi e stati nazionali nell’Ottocento

Jörn Leonhard, Ulrike von Hirschhausen
Bologna, il Mulino, 123 pp., € 13,00 (ed. or. Göttingen, 2011, traduzione di Marco Cupellaro)

Anno di pubblicazione:

L’agile volume di due studiosi tedeschi si inserisce nell’ormai florido filone di studi
sugli Imperi dell’800, con la prospettiva, nel solco della world history, di superare le rigide
giustapposizioni tra formazioni imperiali e Stati nazionali, per individuarne invece le interazioni.
L’assunto storiografico di fondo che anima il volume è quello che la «dicotomia
tra imperi e stati nazionali» sia «sempre meno in linea con la complessa realtà venutasi
a creare nella seconda metà dell’Ottocento» (p. 10). Una realtà semmai caratterizzata da
due processi correlati: da una parte gli Stati nazionali sviluppavano elementi di tipo imperiale,
dall’altra gli Imperi si andavano nazionalizzando.
Gli aa. si interrogano su tali processi in una prospettiva comparativa. Quattro Imperi,
britannico, russo, asburgico e ottomano, vengono presi in esame per quanto riguarda
alcuni aspetti rilevanti del funzionamento dello Stato: i riti e le rappresentazioni della
monarchia, l’utilizzo dei censimenti e la diffusione del servizio militare obbligatorio.
La monarchia svolse un’importante funzione d’integrazione negli Stati imperiali,
grazie alla sua capacità di superare le divisioni etniche. Le tradizionali forme di sacralizzazione
del potere non vennero meno, ma si adattarono per rispondere alle esigenze di
società in fase di trasformazione. L’utilizzo di «linguaggi simbolici religiosi-sacrali» accompagnava
un fenomeno di «reinvenzione della monarchia imperiale» (p. 46), mentre gli
Stati si misuravano con le sfide dei processi di modernizzazione. Da una parte si valorizzavano
le funzioni statali e nazionali del monarca, dall’altra si esaltava la figura del sovrano,
a suo modo mediatizzata e posta sempre più a contatto con le opinioni pubbliche.
Gli Imperi, nel far fronte alle esigenze di allargamento dei propri territori o a quelle
del governo di società plurali dal punto di vista etnico e confessionale, si avvalsero di saperi
e professioni che erano stati messi a punto dagli Stati nazionali. In questo contesto il
censimento divenne uno strumento moderno di governo delle società imperiali, ma anche
un catalizzatore di identità nazionali concorrenti con il centro imperiale.
La «nazione armata» della Rivoluzione francese fu il primo passo dell’itinerario ottocentesco
verso la guerra di massa, alla quale gli Stati si adeguarono con l’esercito di
leva. Anche in questo caso il modello del servizio militare obbligatorio transitò dagli Stati
nazionali agli Imperi. Si trattò però di un processo, che era potenzialmente in grado di
scardinare gli assetti che reggevano gli Stati, sia nazionali che imperiali, per le dinamiche
di mobilitazione di massa che innescava, su base nazionale o sociale, come sarebbe divenuto
chiaro con la Grande guerra.
Più che opportuna la puntualizzazione di questo volumetto, che occorra rivedere e
articolare maggiormente la tradizionale visione di una contrapposizione tra Stati nazionali
e Imperi. Nel corso dell’800, infatti, «i confini tra imperi che si nazionalizzavano e stati
nazionali che si imperializzavano iniziarono a confondersi» (p. 111).

 Adriano Roccucci