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In Italia ai tempi di Mussolini. Viaggio in compagnia di osservatori stranieri

Emilio Gentile
Milano, Mondadori, 352 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2014

In questo suo nuovo lavoro Emilio Gentile ripercorre le vicende dell’Italia tra le due
guerre attraverso le impressioni, le analisi, i giudizi, le simpatie e le antipatie degli osservatori
stranieri che visitarono il paese, o vi soggiornarono per lunghi periodi, e vollero
lasciare un resoconto della loro esperienza. Gli autori furono giornalisti, diplomatici, accademici
e artisti, tra cui alcuni nomi di primo o primissimo piano della cultura europea,
come Joseph Roth, Simone De Beauvoir, André Gide, Paul Hazard e Ivo Andrić.
Il tema degli osservatori stranieri nell’Italia fascista è stato oggetto di recenti studi,
anche più approfonditi ma molto più parcellizzati, come quello di Marie-Anne Matard-
Bonucci sugli intellettuali francesi, di Wolfgang Schieder sulle udienze concesse da Mussolini
a personalità tedesche e di Christophe Poupault sui viaggiatori francesi (recensito in
questo numero de «Il mestiere di storico»). Qui invece è offerta una panoramica ampia,
che mette a confronto provenienze, punti di vista ed esperienze di rapporto con l’Italia
molto eterogenei.
Nella vastissima mole di materiale, appaiono privilegiati i volumi o gli articoli dedicati
espressamente all’Italia, soprattutto quelli pubblicati in inglese e francese, e tralasciate
le pubblicazioni più specialistiche. Gentile tuttavia non dà conto dei criteri adottati per la
selezione delle fonti, non si sofferma sul loro impatto presso i naturali destinatari né sulla
loro eventuale ricezione in Italia. Manca, infatti, un’iniziale contestualizzazione e una
messa a fuoco più analitica del campione di osservatori stranieri selezionati (così come
mancano una bibliografia finale e un indice dei nomi, che sarebbero stati quanto mai
utili). Come altri recenti volumi dell’a., infatti, anche questo si colloca nell’ambito della
divulgazione di alta qualità e la brillantezza della narrazione e l’indubbia gradevolezza
della lettura vengono privilegiate.
Non per questo, tuttavia, il libro manca di offrire motivi di interesse anche agli
studiosi della dittatura mussoliniana. La carrellata di voci così diverse, per sensibilità,
acutezza d’analisi e grado di comprensione e conoscenza dell’Italia e del fascismo, costituisce
infatti un interessante rispecchiamento dell’immagine che il regime volle offrire di
sé ma anche del persistere dei più consolidati stereotipi che vorrebbero gli italiani irrimediabilmente
individualisti, indisciplinati, refrattari alle regole e antimoderni. La gran
parte degli osservatori, fossero essi critici o simpatetici con la dittatura, non riuscì a fare a
meno di ricondurre, implicitamente o più apertamente, una realtà terribile e nuova come
il fascismo, ispiratore di movimenti e governi in tutta Europa, all’astorica e immutabile
«italianità». Con giudizi profondamente divaricati, alcuni videro in Mussolini l’unico
capace di emendare i suoi connazionali da vizi e debolezze radicate, altri, dietro la patina
della rivoluzione totalitaria, la loro più compiuta epitome.

Alessio Gagliardi