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In Rome we trust. L’ascesa dei cattolici nella vita politica degli Stati Uniti

Manlio Graziano
Bologna, il Mulino, 243 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2016

L’agile ma denso libro di Manlio Graziano affronta una questione cruciale per comprendere
tanto il cattolicesimo quanto gli Stati Uniti di oggi: il ruolo dei cattolici nella
vita politica americana.
Dopo una lunga Introduzione che aiuta a collocare il cattolicesimo all’interno della
storia politica degli Stati Uniti, il primo capitolo copre la storia dei cattolici nel Nord
America tra il secolo XVII e la prima metà del ’900. Il secondo capitolo esplora le tappe
della scoperta reciproca tra Stati Uniti e Vaticano fino alla prima guerra mondiale. Il terzo
capitolo inizia dal difficile rapporto tra Benedetto XV e il presidente Wilson e conclude
con gli anni ’60 e il «coronamento teorico del terzomondismo» (p. 109) con l’enciclica
Populorum Progressio di Paolo VI (1967). Il quarto capitolo analizza la posizione dei cattolici
americani nelle coalizioni politiche da Franklin Delano Roosevelt fino a Reagan. Il
quinto capitolo traccia un interessante parallelo tra la meteora dell’evangelicalismo protestante
politico e il cattolicesimo «evangelicalizzato» negli Usa del secolo XX. Il sesto
capitolo entra nel cuore della tesi e fornisce una serie di dati che fondano la teoria della
cattolicizzazione degli Usa. Il settimo e ultimo capitolo argomenta la tesi di una crescente
rilevanza del cattolicesimo, a dispetto delle tesi decliniste che si basano sul calo numerico
del clero e della frequenza religiosa.
Il libro è importante perché la tesi è importante e solida nelle sue linee generali: Stati
Uniti e cattolicesimo sono due «imperi paralleli» (per citare Massimo Franco) che si relazionano
sulla base di agende diverse ma comprensibili l’uno all’altro. Risulta convincente
la tesi secondo cui «la chiesa americana è diventata un modello per la chiesa universale»
(p. 213), se inserita nel contesto di una americanizzazione (a scapito della cattolicità) delle
leadership gerarchiche e intellettuali a tendenza neoconservatrice del cattolicesimo negli
Usa. Alcuni aspetti della tesi di Graziano sono a mio avviso problematici. Da una parte
sono discutibili alcune rappresentazioni della religione in America: la sovrapposizione di
separazione di Stato e Chiesa con la separazione di religione e politica (p. 17); l’asserzione
sul «bilancio estremamente povero» dell’evangelicalismo militante in politica (p. 151). I
rapporti tra i vescovi e la presidenza Obama sono stati più tesi di come l’autore li percepisca
(p. 192).
Una delle tesi più frequentemente ripetute, affascinante ma a mio avviso infondata,
è che quella di papa Francesco sia stata l’elezione di un «papa panamericano», a riprova
dell’americanizzazione del cattolicesimo universale. È una tesi che non si concilia con le
fortissime tensioni tra Francesco e i vescovi assieme all’intellettualità cattolica neo-con
americana, affidandosi all’idea di un’unità del continente panamericano che non riflette la
vera natura dei rapporti tra cattolici degli Usa e i cattolici del resto del continente.

Massimo Faggioli