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Isabella Valentini – Storiografia e costruzione della nazione tra Risorgimento e post-fascismo – 2007

Isabella Valentini
Roma, Nuova Cultura, 337 pp., Euro 15,50

Anno di pubblicazione: 2007

Il volume, nato da una tesi di dottorato, ha inteso analizzare l’evoluzione delle modalità culturali della costruzione dell’idea di nazione nella storiografia italiana nel lungo periodo. L’ipotesi di partenza dell’a. è che l’identità nazionale sia fondata sulla storia e che quest’ultima sia indissolubilmente legata alla politica in quanto crocevia fra interpretazione del passato e orientamento dell’azione presente. Il libro è un’ambiziosa ricostruzione degli elementi di continuità che hanno legato il fenomeno del nation builiding agli studi storici. L’a. ha voluto mettere a fuoco il ruolo attivo dello storico nell’elaborazione «mitica» del concetto di nazione: la storiografia passò da un attaccamento emotivo alla patria, proprio del periodo risorgimentale e post-risorgimentale, ad un progressivo e sempre più marcato desiderio di espansionismo oltre i confini nazionali, che con il fascismo ebbe la sua massima espressione. Dopo la «guerra civile», secondo l’a., l’idea di nazione subì uno sgretolamento nel proprio valore sia come costruzione mitica sia come elemento fondante del vivere civile. L’ampio arco cronologico considerato attraversa – ma purtroppo tocca spesso troppo debolmente – molte cesure ideologiche e politiche nazionali. La ricerca appare poco persuasiva nel privilegiare quasi esclusivamente il rapporto della cultura italiana con l’idealismo non mettendo in luce altre correnti in cui pure si aprirono discussioni storiografiche intorno al tema della nazione. Manca un’analisi più estesa delle relazioni che gli studiosi intrattennero con l’ambito europeo. Nei primi due capitoli, che costituiscono l’asse portante del volume, è messo a fuoco il ruolo preponderante che l’idealismo ebbe in Italia nel diciannovesimo secolo nelle sue matrici napoletane e piemontesi. Un’influenza che fu determinante, secondo l’a., anche durante il fascismo, per questo motivo nel terzo capitolo è proposta una lettura inedita di Gioacchino Volpe, cercando di ascrivere lo storico abruzzese non tanto all’indirizzo economico-giuridico, ma avvicinandolo alla tradizione idealistica. Nell’ultimo capitolo è poi affrontata dal medesimo punto di vista la parabola intellettuale dell’allievo Federico Chabod: «guardiano» nel secondo dopoguerra di un idealismo di stampo crociano. La lettura un po’ troppo rigida e monodirezionale della questione centrale, la struttura costruita a «medaglioni» e lo scarso apparato bibliografico di riferimento rendono nel complesso il testo fragile da un punto di vista interpretativo. Nonostante questi elementi alcuni spunti rimangono interessanti come il rapporto privilegiato, proprio della tradizione italiana, tra politica e storiografia che fu certamente un forte elemento di continuità anche nel lungo secondo dopoguerra, influenzando anche gli studiosi che maggiormente sentirono i limiti della concezione etico-politica, una relazione che spesso ostacolò le spinte innovative che provenivano dall’Europa.

Margherita Angelini