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Italy and Tito’s Yugoslavia in the Age of International Détente

Massimo Bucarelli, Luca Micheletta, Luciano Monzali, Luca Riccardi (a cura di)
Brussels, Peter Lang, 413 pp., € 52,56

Anno di pubblicazione: 2016

Il volume, curato da quattro docenti di relazioni internazionali in università del nostro paese, coinvolge storici italiani e di paesi ex jugoslavi (Serbia, Croazia, Slovenia e Montenegro). Esso presenta, con un’abbondanza di fonti inedite provenienti da numerosi archivi, tutti saggi in lingua inglese che ruotano intorno ai rapporti tra Italia e Jugoslavia, dalla stipula del Memorandum d’intesa di Londra (1954) alla chiusura della questione di Trieste, con la firma dei Trattati di Osimo del 1975. L’accordo non definitivo del 1954 creò le premesse per un avvicinamento tra i due paesi che tuttavia si concretizzò appena alla fine degli anni ’60, culminando con quella che i curatori chiamano la «Détente Adriatica», in riferimento al panorama internazionale in cui essa si inserì.
I contributi sono divisi in tre sezioni. Quella sul contesto internazionale pone al centro dell’analisi le prospettive e posizioni dei grandi attori esterni al piano adriatico, ossia di statunitensi (Laković), sovietici (Životić), francesi (Sretenović) e britannici (Bajc), e di altri due paesi geograficamente prossimi: Romania (Basciani) e Albania (Micheletta). Le altre due sezioni sulla dimensione bilaterale e sulle reazioni locali incrociano analisi sui rapporti incostanti tra Italia e Jugoslavia e sulle situazioni politiche in ambito locale e nazionale, essenzialmente italiano. Pupo e Dukovski propongono due sintesi dettagliate e di ampia durata sulla Questione di Trieste e sui rapporti tra i due paesi adriatici, mentre Škorjanec e specialmente Bucarelli e Mišić offrono ricostruzioni efficaci e puntuali sui vari e tortuosi passaggi che portarono alla firma del 1975.
Sono ben illustrati, in questi e in altri saggi del volume, i momenti e motivi della politica e della diplomazia italiane, osservati attraverso i cambi delle compagini governative, con approfondimenti su personaggi e partiti di governo e opposizione nazionale e locale. Monzali e Riccardi discutono nello specifico, ma non esclusivamente, delle posizioni e ruoli di Moro e di Fanfani; Karlsen dei comunisti italiani al confine e del loro leader Vidali; D’Amelio del ruolo dei Trattati di Osimo nell’evoluzione politica locale e dell’opposizione all’ipotizzata Zona franca industriale di confine; Capuano delle posizioni politiche contrarie alla Détente Adriatica da parte dell’associazionismo esule.
Minore nel complesso è l’attenzione alla Jugoslavia, che si presentava in maniera più compatta alle trattative, spinta, come osservano Mišić e Škorjanec, dall’intervento sovietico in Cecoslovacchia, ma che, come suggeriscono diversi autori senza approfondire, era pur divisa da disparità di vedute su decentramento, questioni nazionale ed economica. Alcuni autori si soffermano più sui problemi e altri più sui risultati del ravvicinamento adriatico, ma nel complesso condividono diversi punti, come le rigidità jugoslave nelle trattative e l’andamento ondivago da parte degli italiani, preoccupati delle opinioni pubbliche nazionale e locale.

Giovanni D’Alessio