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Ivana Pederzani – Un ministero per il culto. Giovanni Bovara e la riforma della chiesa in età napoleonica – 2002

Ivana Pederzani
Milano, Franco Angeli, pp. 349, euro 24, 00

Anno di pubblicazione: 2002

Studiosa di vicende sociali ed amministrative dell’età moderna in Lombardia e Veneto, l’autrice sviluppa precedenti saggi relativi ad aspetti della politica ecclesiastica napoleonica in Italia, esaminando il ministero per il culto istituito nel 1802; l’abate Giovanni Bovara che lo resse fino al 1811; i suoi collaboratori, Gaetano Giudici e Modesto Farina, che ne riproposero gli orientamenti nella Restaurazione. Ad una Introduzione storiografica, seguono quattro capitoli ? le funzioni del ministero e la figura del ministro, la riforma dell’organizzazione parrocchiale, gli interventi sul sistema beneficiale, le soppressioni di ordini religiosi maschili e femminili ?, una riflessione conclusiva sui risultati della ricerca, l’indice dei nomi e dei luoghi. Innestandosi su acquisizioni già da tempo note ? l’omogenizzazione della disciplina ecclesiastica, la decisiva spinta data alla centralità della parrocchia, lo sviluppo della fabbriceria ? l’indagine mette in luce elementi poco conosciuti. Gli scontri del ministro con i colleghi delle Finanze e degli Interni ? che nelle proprietà ecclesiastiche vedevano lo strumento per risanare i bilanci dello stato e dei comuni ? come le differenziazioni rispetto a Napoleone (che peraltro, riconoscendone le capacità politiche ed amministrative, gli mantenne sempre la sua fiducia) mostrano in Bovara una decisa volontà riformatrice coniugata con la convinzione che il mutamento dell’assetto della chiesa doveva essere in primo luogo diretto a rendere più efficiente il servizio religioso alle popolazioni. Erede della concezione illuminista che voleva lo stato artefice della pubblica felicità, egli ne vedeva il fondamento nei valori etici e civili dispensati dalla chiesa: si trattava di realizzare un pieno dispiegamento di tale ruolo sociale. Non a caso l’abate era stato uno dei protagonisti del riformismo religioso asburgico in Lombardia. Da ministro napoleonico, e quindi con ben maggiore capacità di intervento, riprendeva diversi punti del programma teresiano-giuseppino; ma ? secondo un atteggiamento moderato che denunciava la ?leggerezza politica degli intolleranti filosofi? ? lo applicava con cautela, soprattutto preoccupato di evitare che le misure innovatrici determinassero una diminuzione del clero in cura d’anime o una riduzione dei servizi educativi ed assistenziali svolti dal clero regolare e dai monasteri femminili. Di quell’esperienza riproduceva anche la più vistosa contraddizione: da un lato si prodigava per restituire potere ed efficienza alle funzioni pastorali dell’istituzione ecclesiastica, valorizzando in particolare il ruolo di vescovi e parroci; dall’altro lato non rinunciava ad esigere con rigido giurisdizionalismo il controllo politico sulle loro nomine e sulle loro attività. Anche da qui ? oltre che dalle resistenze messe in moto dagli interessi colpiti ? il successo solo parziale dell’opera riformatrice. Il libro ha non solo il merito di essere costruito su una larghissima esplorazione archivistica, ma anche di porre ? pur talora troppo inseguendo la minuta descrizione di situazioni locali ? alcuni generali problemi storiografici di grande rilievo.

Daniele Menozzi