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James Edward Miller – Politics in a Museum: Governing Postwar Florence – 2002

James Edward Miller
Westport, Conn.-London, Praeger, pp. XI-247, s.i.p.

Anno di pubblicazione: 2002

Consolidato studioso della politica italiana, Jim Miller consegna finalmente alle stampe il frutto di una lunga ricerca su Firenze nel secondo dopoguerra condotta su fonti archivistiche locali e su documenti dei National Archives statunitensi. Il titolo condensa la tesi di fondo del libro che è quella di un declino costante della città, irreversibilmente destinata a trasformarsi in una ?Renaissance Disneyland?, secondo la caustica definizione contenuta nella prefazione di Spencer di Scala (p. XI). La resa alla rendita privata turistico-commerciale si traduce nell’abbandono del centro storico da parte degli abitanti, nel trasferimento degli impianti industriali, nell’endemica penuria di risorse, nella conseguente assenza di progetti organici e guidati di modernizzazione (pp. 225-6). È una tesi non nuova, già ad esempio formulata nel saggio di Camarlinghi (ex assessore alla cultura dell’amministrazione comunale) compreso nel volume dedicato alla Toscana della Storia d’Italia Einaudi, che tuttavia sorprendentemente Miller non utilizza. Ma è merito del libro ripercorrere con molta (forse troppa) coerenza questo filo interpretativo nelle vicende della politica comunale dopo il 1945: si tratta quindi di un saggio di storia politica che pure contiene diverse aperture in direzione della vita socioeconomica e delle questioni urbanistiche. Al centro di queste vicende si colloca la figura di Giorgio La Pira, sindaco di Firenze negli anni Cinquanta, che cumula tre ruoli distinti: mediatore con il governo centrale per il reperimento di denaro pubblico, economista keynesiano fautore di deficit spending a favore dell’edilizia popolare e dei servizi sociali, ideologo religioso pacifista proiettato sulla scena diplomatica internazionale. Da ciascuno di questi ruoli Firenze trasse profitto ? in misura probabilmente ineguagliata nel corso della propria storia ? ma senza riuscire a praticare un disegno ordinato di crescita urbana. Le vicende del piano regolatore legato al nome di Edoardo Detti (assessore all’urbanistica nella giunta La Pira dei primi anni Sessanta) esemplificano questa incapacità, determinata innanzitutto dal crescente isolamento di La Pira nel partito democristiano. Miller coglie nell’alluvione del 1966 una sorta di spartiacque: la riconquistata coesione della cittadinanza nel momento dell’emergenza mette capo a una nuova voglia di progettazione (un aeroporto più grande, un polo industriale a nord-ovest, una nuova stazione ferroviaria per l’alta velocità) che tuttavia si scontrano con le resistenze di un blocco sociale legato alla rendita di posizione garantita da un flusso enorme (8 milioni annui) di turisti. È una ricostruzione fondata, anche se la visione di uno scontro diretto e ravvicinato tra politici e commercianti (con i primi nel ruolo fisso di deboli e perdenti) rischia di essere troppo manichea e semplificatrice. In particolare Miller trascura il dibattito sul modello toscano di sviluppo (e la cosiddetta ?terza Italia?), lasciando sullo sfondo sia la crescita di Firenze come polo direzionale e amministrativo della regione, sia la dimensione di un’area vasta metropolitana che racchiude uno dei primi distretti industriali italiani.

Giovanni Gozzini